Alessandro Di Battista è l’uomo dell’addio che potrebbe stingere in un arrivederci, l’ex che non puoi maledire perché troppo ingombrante e non troppo ex. “Non me sono andato sbattendo la porta” rivendica. Però sbatte, sempre più spesso, contro pensieri e atti di un Movimento che va in un’altra direzione dalla sua, e che soprattutto sta nel governo di Mario Draghi, a cui lui ha detto no. “Si è trattato di non perdere la stima di me stesso” assicura l’ex deputato in Contro!, il suo nuovo libro in uscita per PaperFirst.
Dopo tre mesi di governo Draghi, sempre certo della sua scelta? Sono successe tante cose nel frattempo…
Assolutamente convinto, questo governo ha accumulato un ritardo colossale sui ristori e soprattutto non si parla più di politica. La pax draghiana l’ha distrutta.
C’è una pandemia ancora in corso. Pesa, no?
C’è un livello di conformismo nel Paese che non c’era neanche con Berlusconi. Dappertutto si adora Draghi. E poi le banche hanno occupato la politica, ormai. Negli Stati Generali del M5S dello scorso novembre avevo posto come tema prioritario il tema del conflitto d’interessi tra politica e istituti finanziari.
Beppe Grillo ha detto sì all’ex presidente della Bce Draghi, e lo ha definito un grillino.
Non mi spiego come abbia potuto dirlo.
Poteva chiederglielo. Quando vi siete sentiti l’ultima volta?
Ogni tanto con Beppe ci scriviamo. Ma sono fatti personali.
Nel suo libro lei scrive: “Fu Luigi Di Maio a dirmi, a fine novembre 2020, che la crisi del governo Conte ci sarebbe stata”. Cosa le disse esattamente?
Luigi mi disse che Matteo Renzi non si sarebbe fermato.
Parlaste anche della possibilità di Draghi premier?
Fonti istituzionali, non del Movimento, mi parlarono per la prima volta di questa eventualità già a metà agosto. Pochi giorni dopo, l’attuale presidente del Consiglio parlò al Meeting di Comunione e Liberazione. Tenne un discorso ordinario, ma che venne commentato con toni di adorazione, neanche fosse Martin Luther King. Per questo scrissi un articolo definendolo “apostolo delle élite”.
Lei racconta anche che, in prospettiva di un Conte ter, le offrirono il ministero delle Politiche giovanili, e che avrebbe accettato. Poi è andata diversamente. Ma il M5S come avrebbe fatto a dire no a Draghi, a prendersi questa responsabilità?
Ero molto dubbioso anche quando dicemmo sì al governo con il Pd. Ma in quel caso, come era avvenuto nell’esecutivo con la Lega, avevamo ancora la maggioranza relativa in Consiglio dei ministri, ovvero il M5S poteva porre il veto a ciò che non voleva. Ora invece nel governo di tutti è minoranza. E questo è un nodo politico.
E il Ponte di Messina, che nodo è? Ieri sul Fatto anche Giuseppe Conte è stato possibilista: “Ho una posizione laica, bisogna studiare le carte”.
Io no. Ogni volta che leggo qualche 5Stelle parlarne mi sento più lontano dal M5S. Mi indigna che si discuta di più del Ponte sullo Stretto che della strage del Ponte Morandi. Ma per fortuna è contraria anche una buona parte del M5S.
Con Conte vi sentite? Dicono che la rivorrebbe nel M5S.
A volte ci scriviamo. E lui sa bene che ciò che conta per me sono le proposte politiche.
Senta, ma il Movimento esiste ancora?
Quello di prima, quello di cui facevo parte, ormai non c’è più. Si sta trasformando, legittimamente, in qualcosa d’altro. E saranno gli elettori a valutarlo.
Conte lo immagina con una sede centrale e filiali territoriali.
Mi interessano più le proposte che le questioni organizzative.
Nel M5S si parla di continuo dei due mandati e di soldi.
Mi dispiace leggere queste cose. Io restituii il cento per cento dell’assegno di fine mandato, e fu un atto di giustizia sociale.
Quando deciderà se rientrare nel M5S?
Come ho già detto, a settembre deciderò se continuare a scrivere in totale libertà o se tornare in politica. Ma è chiaro che potrei riavvicinarmi al Movimento solo se uscisse dal governo Draghi.
Ora partirà la campagna elettorale per le Comunali. Lei sarà con Virginia Raggi, giusto?
Se Virginia vorrà io la sosterrò. Le ho consigliato di rivendicare le tante cose buone che ha fatto a Roma.
Dica la verità, il M5S sosterrà Raggi anche perché aveva paura che la sindaca e lei passaste con Davide Casaleggio…
Il M5S non deve avere paura di me, io sono fuori.
Appunto. Quanti ex 5Stelle la chiamano regolarmente?
In diversi, sia ex che eletti ancora dentro. Ma io non sto facendo operazioni politiche.
Di certo non è favorevole all’alleanza giallorosa. “Il bipolarismo uccide la volontà di cambiamento” scrive.
Se fai parte di una coalizione non puoi criticare i tuoi alleati. Guardi Giorgia Meloni, che tace sul caso dei voli della Casellati.
Non si governa da soli.
Un conto è governare, un’altra è un’alleanza strutturale. E io sono contrario.