Con L’inverno dei leoni (Nord), il secondo volume della saga dei Florio, Stefania Auci continua la rappresentazione di una Sicilia diversa, incardinata nella sua storia e al tempo stesso tutta proiettata verso la modernità.
E, a sentire l’autrice, sicuramente il fatto di essere siciliana l’ha aiutata a raccontare le vicende di questa famiglia che è stata radicata profondamente nell’Isola, soprattutto nel periodo che va dall’unificazione alla Prima Guerra Mondiale, poiché i Florio hanno esercitato una forte influenza sul destino e sulle sorti della Sicilia.
La vicenda raccontata da Stefania Auci, questa volta, passa in mano alle donne di famiglia, come molti si aspettavano, ma queste vengono presentate in una luce diversa: mentre ne I Leoni di Sicilia ricoprono un ruolo importante, a volte fondamentale, rimanendo però sempre nell’ombra, sempre un passo indietro, volte sempre a ricucire, a riparare, a sostenere gli uomini Florio quando hanno bisogno di un luogo in cui tornare, di una casa sicura per far crescere i loro figli al meglio, ne L’inverno dei leoni, invece, quel passo indietro è diventato per le donne di famiglia due in avanti.
L’autrice racconta una vicenda incredibilmente moderna, seppure ambientata alla fine del 1800, riuscendo a dare il giusto spazio a due donne, Giovanna e Franca Florio che, pur non essendo direttamente interessate a far prosperare quella famiglia da cui hanno preso il nome, di fatto sono le vere protagoniste di questa storia.
Quando abbiamo chiesto all’autrice quanto è importante la famiglia nelle saghe letterarie, soprattutto quelle ideate da scrittrici donne (Ferrante, Howard, West), lei non ha avuto dubbi: “Il vincolo familiare aiuta a capire meglio le grandi emozioni che ci muovono e che appartengono profondamente a ciascuno di noi, che hanno a che fare con il nostro vissuto, poiché certi sentimenti sono davvero universali e non sono legati al periodo storico”.
La storia della famiglia Florio, i cui capostipiti arrivarono in Sicilia dalla Calabria alla fine del 1799, ripercorre un periodo lunghissimo, vissuto di pari passo con la nascita del nostro Paese, in una fase delicatissima e profondamente innovativa.
Il racconto di Stefania Auci, una combinazione di fatti realmente accaduti, storicamente provati, e di vicende plausibili e pienamente aderenti al contesto, si interrompe alla fine del primo volume con la morte di Vincenzo Florio, che ha consolidato un patrimonio e valorizzato un nome già affermato e rispettato, accudito come sempre dalla fedele Giulia, la sua compagna di una vita nonostante la durezza di lui nei suoi confronti.
Siamo alla fine di un’epoca, alla conclusione di un periodo storico fondamentale per l’Italia, che da poco è stata proclamata Regno e che comincia a vivere una profonda rivoluzione interna, ad ammodernarsi, ad essere sempre più Paese.
Il testimone passa a Ignazio Florio, primogenito di Vincenzo e Giulia, proiettato anche lui verso la conquista del suo posto nel mondo, dopo essere riuscito in uno dei primi e fondamentali intenti: sposare una donna aristocratica, la baronessa Giovanna d’Ondes Trigona, per dare al nome della sua famiglia una patina di nobiltà.
Lei, morto il suocero, diventa donna Giovanna conquistando un titolo che, ai tempi, valeva molto più di un qualsiasi fregio nobiliare.
La vicenda de L’inverno dei leoni comincia da questo momento, illuminando una famiglia che continua a prosperare e che, nel corso degli anni, si evolve non solo economicamente ma anche culturalmente, fino a precipitare, poi, in un inesorabile declino. E, nonostante i capostipiti fossero considerati sprezzantemente stranieri, facchini, bottegai, i loro discendenti sono riusciti a fare della cultura e della conoscenza un eccezionale punto di forza: Ignazio e Ignazziddu, padre e figlio, molto diversi tra loro ma tesi entrambi a dare sempre più lustro alla famiglia, riescono a esportare il nome dei Florio oltre la Sicilia, dandogli una dimensione internazionale. Se i due uomini, soprattutto Ignazziddu, sanno dominare una realtà che cambia troppo velocemente, le loro mogli, Giovanna e Franca, sono capaci, prima e più dei loro mariti, di cogliere le sfumature del tempo, gli umori, le inclinazioni, non rinunciando mai a far valere le proprie curiosità, la propria sete di sapere e di conoscere.
Non è facile parlare di questo romanzo senza raccontare troppo, ma è fondamentale ricordare come la ricerca storica dell’autrice, la cura dei dettagli, l’amore – sì, un evidente amore! – per la cucitura di una trama tutt’altro che semplice da tessere, sia forte e presente anche in questo secondo volume.
Potente, la scrittura di Stefania Auci non può essere definita altrimenti: l’autrice riesce a trasmettere la passione che in maniera totale la lega alla sua terra, un luogo che è padre e madre di chi la abita da cui, pur volendo scappare, non ci si può allontanare, o in cui si è costretti a tornare per bearsi dell’odore del mare e delle mille sensazioni ed emozioni che solo quest’isola riesce a dare.
Ne L’inverno dei leoni, abbandonate le botteghe che resero grandi i Florio e che li riscattarono, almeno in parte, dagli sguardi di coloro che li disprezzavano e che poi presero a temerli, si passa alla villa dell’Olivuzza, ai Quattro Pizzi, per arrivare finalmente ai salotti di Franca Florio.
Donna Franca, la regina di Sicilia, la Stella d’Italia, L’Unica
Stefania Auci la presenta ai suoi lettori in una dimensione mitica: fragile e forte al tempo stesso, è protagonista emblematica della complessità del mondo storico a cui appartiene, antico ma già proteso verso un’intelligente modernità, tradizionale ma aperto alla cultura e a ogni curiosità intellettuale.
Cosa sarebbero stati i Florio nelle generazioni a seguire senza Giovanna, senza Franca? Avrebbero conquistato quel posto nella società da loro tanto agognato? Non si tratta solo di soldi e di potere, ma soprattutto di rispetto teso a far dimenticare una volta per tutte quel “sangue che puzza di sudore”.
Stefania Auci aveva aperto una porta su un mondo dimenticato, in questa seconda prova l’ha spalancata, ha dato un nuovo respiro a una storia sepolta di cui erano rimasti gli echi, gli antichi odori, i vecchi palazzi e la brezza del mare che lei ha saputo trasformare in parole.
E se le chiediamo, alla fine, se lei crede che la letteratura italiana sia donna, non ha alcun dubbio: “La letteratura italiana non è donna, è femmina”. O almeno così le piacerebbe che fosse. Sicuramente ha delle voci femminili estremamente forti e probabilmente più originali di un tempo, capaci di esprimere una gamma di emozioni e di storie meno legate al passato e certamente più autentiche. A suo dire, molte scrittrici, oggi, “hanno un punto di vista forte e deciso, un coraggio e una lucidità maggiore rispetto a quelli degli uomini e quindi sono capaci di incidere più profondamente nel panorama letterario italiano”. E nessuno se ne abbia a male…