Abbiamo sempre sostenuto che questo governo non dovrebbe neppure sfiorare la Giustizia, visti i guai con la medesima dei leader di tre partiti che lo sostengono: il pregiudicato e plurimputato B., l’imputato Salvini e l’indagato Innominabile, senza contare il resto della truppa. Ma ora, lette le proposte sul processo penale della commissione Lattanzi voluta dalla cosiddetta ministra Cartabia, un’altra formidabile ragione sconsiglia a lorsignori qualunque iniziativa: il pericolo che, quando le autorità europee le leggeranno, muoiano dal ridere. Già il fatto che l’Europa possa darci lezioni sui processi brevi è esilarante: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha impiegato otto anni per esaminare il ricorso di B. contro la sua condanna definitiva del 2013 e non l’ha né accolto né respinto, ma due settimane fa ha chiesto al governo italiano di spiegare se il processo a B., iniziato nel lontano 2004, fosse giusto o no. Una barzelletta. È noto però che l’Ue ha più volte minacciato di sanzionare l’Italia per la sua prescrizione, fatta apposta per garantire l’impunità, per esempio agli evasori e frodatori fiscali. Quindi, se c’è una riforma che non va toccata è quella di Bonafede che blocca la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Infatti la commissione Lattanzi precisa, bontà sua, che non è urgente. Poi però, siccome non è urgente, fa due proposte per cancellarla. Geniale.
Per sveltire i processi, altra ideona: si stabilisce per legge che le indagini devono durare da 6 mesi per i reati minori a 1 anno e 6 mesi per i più gravi, con una sola proroga semestrale; e i processi 3 anni in primo grado, 2 in appello e 1 in Cassazione. E se sforano? In caso di condanna, l’imputato ha uno sconto di pena proporzionato al ritardo. Cioè ha tutto l’interesse a scatenare i suoi avvocati per farli durare di più, sempreché possa permettersi di pagarli in eterno. Così una norma concepita per abbreviare i tempi finirà per allungarli: più sono lunghi, più ci guadagni. Una specie di patente a punti all’incontrario. Notevole anche la norma, copiata dal piano di Rinascita democratica di Gelli, del Parlamento che detta alle Procure le “priorità nell’esercizio dell’azione penale”, cioè quali reati perseguire e quali no, “tenuto conto della realtà criminale territoriale”. Così la Lega escluderà il sequestro di migranti e il razzismo, FI la corruzione e la frode fiscale, Iv i finanziamenti illeciti alla fondazione Open e gli appalti truccati di Consip e così via. La comica finale è l’“archiviazione meritata” targata Pd: l’indagato può evitare il processo se chiede scusa alla parte lesa e risarcisce il danno o effettua lavori di pubblica utilità. Quindi: se non lo beccano, non rischia nulla; se lo beccano, neppure.