ILVA, GIUSTIZIA E’ FATTA. Alla fine la sentenza è arrivata: la Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato “Ambiente Svenduto” sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Pena pesante anche per l’allora governatore della Puglia, Nichi Vendola, 3 anni e mezzo. I giudici hanno disposto la confisca dell’area a caldo dello stabilimento e una sanzione di 4 milioni di euro a carico dell’azienda. La Corte ha stabilito anche la confisca di 2 miliardi e 100 milioni di euro per “l’equivalente del profitto illecito” nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire spa, e Riva forni elettrici. “La giustizia non è un sogno, mi auguro che a Taranto si possa avverare”, ha commentato a caldo l’ex pm Raffaele Guariniello. Mentre per Angelo Bonelli dei Verdi “la magistratura ha fatto quello che avrebbe dovuto fare la politica”. Soddisfazione anche per tutte quelle associazioni che da anni si battono per la verità sulla Taranto dei veleni.
L’IRA DI VENDOLA. “Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. E’ come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova”, ha tuonato l’ex presidente della Regione Vendola, accusato di concussione aggravata in concorso: avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. Sul Fatto di domani ripercorreremo gli anni di battaglie per il diritto alla salute di molti tarantini e le decine di leggi varate per favorire l’azienda e sottrarla alle sue responsabilità. Poi risponderemo alla domanda per eccellenza: che succederà ora alla luce di questa sentenza?
AUTOSTRADE, BYE BYE BENETTON. Il 14 agosto del 2018 il ponte Morandi crollava, portando con se morte (43 le vittime) e distruzione, ma aprì anche un drammatico squarcio sulla gestione dei Benetton. Oggi l’assemblea degli azionisti di Atlantia ha accettato l’offerta per l’acquisto dell’88,06% del capitale di Aspi da parte di Cassa depositi e prestiti. Sul piatto 9,5 miliardi (i Benetton escono incassandone 2,4). Operazione che ha messo le ali al titolo di Atlantia. Mentre è uscita di scena la revoca della concessione, su cui si spese l’allora premier Giuseppe Conte.
UGGETTI, LA MOSSA DI CONTE. Il caso dell’assoluzione dell’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti, e il mea culpa di Luigi Di Maio continua a tenere banco. Dopo la precisazione di Giuseppe Conte (“etica e legalità sono per noi valori inossidabili”), l’ex premier prepara un’altra mossa. Sul giornale di domani anche un colloquio con Filippo Nogarin, l’ex sindaco di Livorno che venne raggiunto da avviso di garanzia nello stesso giorno di Uggetti. Anche lui all’epoca fu bersagliato da pesanti critiche, come quelle di Matteo Renzi, ma a nessuno è venuto in mente di scusarsi.
TRATTATIVA, LA RINUNCIA A PROVENZANO. Tra il 2000 e il 2001 “lo Stato, attraverso il collaboratore di giustizia Pietro Riggio è a due passi dal latitante Provenzano” ma “carabinieri Ros e Dia decidono di rinunciare alla talpa, sacrificandola, che li avrebbe potuti condurre all’allora boss latitante”, una “scelta sospetta anche in considerazione del trattamento che i carabinieri hanno riservato a Provenzano”, sono le parole del Procuratore generale di Palermo Giuseppe Fici nel corso della requisitoria del processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia. Sul Fatto di domani vedremo il ruolo che hanno avuto i Servizi segreti nelle stragi di mafia e nella latitanza dei boss di Cosa Nostra, con vicende inedite.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE DOMANI
Vaccini, verso la terza dose. “E’ verosimile, lo dico da medico, anche se attendiamo il risultato degli studi per esserne certi”, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri parla della terza dose di vaccino, un’ipotesi che si avvicina sempre più. Qui i dati dei contagi di oggi.
Libia, gli affari di Draghi. “L’Italia si impegnerà nella costruzione di ospedali in Libia e nell’invio di personale sanitario”, ha promesso Mario Draghi al premier libico Abdulhamid Dabaiba, ricevuto a Palazzo Chigi. Il primo ministro libico ha affermato che “siamo tornati alle ottime relazioni bilaterali” e “vorremmo riattivare tutti i memorandum di intesa, tutti gli accordi e aprire orizzonti per incrementare lo scambio commerciale con l’Italia”.
I guai di Bibi. Benyamin Netanyahu si avvia al tramonto, dopo 12 anni alla guida di Israele. E non accetta il corso degli eventi, tanto da gridare al “traditore”, cosa che contribuisce ad avvelenare un clima già difficile.
Secondo tempo. “Le belle bandiere” di Pier Paolo Pasolini: una raccolta di sue corrispondenze con i lettori della rivista “Vie Nuove”.