I gol di Cristiano Ronaldo e Mbappé, le giocate dei campioni, inno nazionale e mano sul cuore, le notti magiche degli azzurri. Emozioni da romantici. Voi vedete gli Europei, la più importante manifestazione calcistica dopo i Mondiali, festa e passione, gioco e divertimento, quasi una liberazione dopo un anno di attesa per il Covid. Loro, solo una straordinaria macchina da soldi, un business da 2 miliardi di euro che manda avanti tutto il carrozzone. Benvenuti a Euro 2020, pardon 2021, la “Superlega” della Uefa.
Dal fallito golpe dei top club che hanno provato a portarsi via il pallone e creare il loro campionato dei ricchi, non si parla d’altro. Ancora non è chiusa la questione, tra ricorsi alla Corte di giustizia e processo sommario ai ribelli. La reazione del numero uno del pallone europeo Aleksander Ceferin è stata durissima e non solo per difesa dello spirito del gioco: guai a toccargli la Champions League, da cui dipende il prestigio e la sovranità dell’associazione. Ma c’è un torneo ancora più prezioso per la Uefa. Perché i ricavi della Champions spettano ai club, quasi tutti, evidentemente non abbastanza visto che i patron ne vorrebbero ancora di più e per questo hanno scatenato la guerra di secessione del pallone. Ma sui ricavi degli Europei non c’è discussione: quasi la metà finisce nelle casse della Uefa, che delle nazionali si nutre, e prolifera.
Euro 2021 prometteva e promette ancora di essere il torneo più ricco di sempre, nonostante il Covid che ha rinviato di un’estate la manifestazione. Le cifre ufficiali ancora non sono note, il consuntivo sarà pubblicato solo dopo l’evento. Ma c’è un numero, da tenere a mente come base di partenza: 331 milioni di euro. È il montepremi per le partecipanti: avrebbe dovuto essere di 371 in realtà, è stato ridotto a causa della crisi ma segna comunque un +10% rispetto all’edizione precedente. Ognuna delle 24 squadre prenderà 9,25 milioni, la vincitrice può arrivare fino a 28. Sembra tantissimo ma in realtà sono briciole della grande torta della manifestazione.
Cinque anni fa, in Francia, il montepremi fu di 301 milioni e il fatturato totale di 1,9 miliardi di euro. Mantenendo le stesse proporzioni, l’edizione 2021 dovrebbe superare per la prima volta la quota storica di due miliardi di ricavi. Da dove vengono tutti questi soldi è facile immaginarlo: diritti tv (oltre il 50%), sponsor, merchandising, biglietti, tutto ciò che gira intorno agli Europei è della Uefa. Ancora più interessante capire che fine fanno: nel 2016 la manifestazione si chiuse con un utile netto di addirittura 847 milioni di euro. Il segreto è semplice: le bocche da sfamare sono molte meno o comunque meno esose. Della Champions la Uefa riesce a trattenere solo il 6,5% dei proventi, margine che potrebbe ancora assottigliarsi in futuro. Diverso con gli Europei. Le Federazioni fanno parte del sistema Uefa, non sono i club, si accontentano di circa il 15% del totale. Un’altra fetta, 150-200 milioni, va proprio ai club, come “indennizzo” per aver messo a disposizione i loro calciatori. Poi ci sono i costi vivi per l’organizzazione, ma quelli infrastrutturali ricadono sul Paese ospitante. Il resto è tutto guadagno.
È la classica gallina dalle uova d’oro, e come tutte le mucche da mungere si cerca di farlo il più possibile. È la ragione per cui dal 2016 è stato aumentato il numero di partecipanti da 16 a 24: la nuova formula è bislacca, ha reso una farsa le qualificazioni (si qualifica praticamente chiunque, a questo giro pure la piccola Macedonia del Nord) e inutili i gironi iniziali, dove su 4 squadre passano le prime 2 e pure le migliori terze. Però ha avuto il grande merito di far schizzare il fatturato del 40%, e tanto basta. Per la Uefa è vitale e non è solo un modo di dire: senza gli Europei, praticamente fallirebbe. È con questo evento disputato ogni quattro anni, infatti, che l’associazione ripaga le spese degli altri bilanci, chiusi sempre sistematicamente in rosso: -74 nel 2020, -46 nel 2019, -5 nel 2018, -7 nel 2017, +100 nel 2016. E succederà anche l’anno prossimo, quando si chiuderanno i conti di Euro 2021. Gli utili servono per finanziare l’attività nel ciclo quadriennale, il mastodontico programma HatTrick per la promozione del pallone nel continente, come racconta la Uefa. O semplicemente per tenere in piedi il baraccone, questione di punti di vista. “Solo l’organizzazione di manifestazioni come gli Europei è in grado di far decollare il fatturato, portare in utile il bilancio e quindi garantire la stessa sopravvivenza dell’associazione”, spiega l’esperto di contabilità sportiva, Luca Marotta.
Tutto ciò vale in tempi normali. Ma questi sono tempi di guerra, perché l’effetto di una guerra ha avuto il Covid sul pallone. E lo avrà anche sugli Europei, come dimostra la sforbiciata del 10% al montepremi. È ancora presto per quantificare con precisione l’impatto della pandemia sulla manifestazione. Sicuramente i ricavi saranno inferiori a quelli previsti: se in sede di programmazione il fatturato era atteso intorno ai 2,3 miliardi, adesso la Uefa si accontenterebbe di toccare quota due miliardi. Il portale Statista.com aveva stimato in circa 300 milioni le potenziali perdite per lo slittamento al 2021 del torneo, potrebbero essere leggermente superiori. Per la Uefa comunque è il male minore. Un anno fa, quando si pose il problema di come rivedere i calendari internazionali dopo il lockdown, il gran capo Ceferin non ci pensò due volte a rinviare l’Europeo, evitando lo scontro con i club che spingevano per chiudere tornei nazionali e coppe a scapito della manifestazione. Stava salvando capra e cavoli. Innanzitutto perché anche la Champions è importante per i conti Uefa. Ma soprattutto, dopo un anno di lotta alla pandemia e mesi di vaccinazioni, il torneo oggi si disputerà in condizioni migliori di quelle che avrebbe incontrato l’estate scorsa.
Il rinvio permetterà alla Uefa di salvare persino una fetta degli incassi da stadio, cosa che sembrava impensabile fino a pochi mesi fa. Tanti campionati ancora aspettano il ritorno degli spettatori, ma gli Europei si giocheranno solo con i tifosi. Minimo il 25% di capienza dell’impianto. È stato un vero e proprio diktat, a cui si è dovuta piegare anche l’Italia, a metà aprile, quando ancora le prime riaperture erano lontane già si sapeva che per gli Europei ci sarebbero state 20mila persone all’Olimpico. La Uefa non va tanto per il sottile quando si tratta di soldi. L’impatto sui biglietti sarà inevitabile ma alla fine potrebbe essere relativo: i ticket rappresentano solo una piccola parte del business: a Euro 2016 valevano 269 milioni su 1,9 miliardi, il 14% del totale. Con la capienza al 25% la riduzione sarebbe ad un quarto, ma diverse città, da San Pietroburgo a Budapest, hanno già annunciato di voler aumentare la soglia, e l’Inghilterra lavora per avere Wembley al completo per la finale.
Sicuramente ci saranno delle spese extra da sostenere: il rinvio ha comportato penali, prenotazioni disdette e rifatte, disagi con gli sponsor, e poi l’estensione di un anno di tutti i contratti a libro paga dell’organizzazione. Il rinvio da solo è costato 150 milioni, sull’unghia. Per far fronte all’emergenza Covid, l’Uefa ha donato 75 milioni ai club e speso oltre 50 milioni in tamponi. E poi non bisogna dimenticare la formula itinerante con cui si disputerà il torneo quest’anno, per la prima volta in 11 undici città di 11 Paesi, prima delle final four in Inghilterra. Tante valute differenti, tanti comitati organizzatori, ognuno con le sue esigenze, spostamenti, tutto moltiplicato per 11: alla fine il “cost event” di Euro 2021 dovrebbe aggirarsi intorno a mezzo miliardo (nel 2016 fu di 355 milioni). All’Uefa tirano la cinghia, con meno ricavi e più spese il margine si assottiglia: sopravvivranno, con oltre 500 milioni di riserve patrimoniali se lo possono permettere.
Tutti in campo, suonano gli inni nazionali, comincia Euro 2021. Finalmente si gioca, si fa per dire.