“Gridavano, pensi, di essere sfruttati!”… Chissà se da giovane l’ha cantata pure lui, la prima strofa di Contessa. Di certo, però, ieri l’anonimo titolista del nuovo corso di Repubblica ha deciso di condividere in pieno l’indignazione padronale contro “quei quattro straccioni” disposti addirittura a rinunciare a una paga da fame. Testuale, d’apertura in homepage: “I posti ci sono, mancano i lavoratori. Chi si sente sfruttato ora rinuncia. Gli imprenditori: troppi assistiti”.
Avete capito bene. La Confindustria sta lanciando una campagna preventiva contro l’eccessiva destinazione di fondi del Recovery Plan a sostegno di precari, lavoratori in nero, disoccupati. E il giornale che fu dei progressisti se ne fa portavoce, ricorrendo all’antico argomento dei proletari ingrati e lavativi che invece di rimboccarsi le maniche lamentano l’iniquità di retribuzioni al di sotto dei livelli minimi di sopravvivenza.
Si tratta, naturalmente, di un’invenzione bella e buona, ma sentite come si unisce al coro servile il vicedirettore del Corriere della Sera, sempre ieri, in prima pagina, per scongiurare la malaugurata ipotesi che venga prorogato il blocco dei licenziamenti: “Sta vincendo ancora una volta il riflesso condizionato che ci porta a combattere la disoccupazione attraverso provvedimenti che mirano al mantenimento a tutti i costi dei posti di lavoro”.
Oibò, possibile che “quei quattro straccioni” non lo capiscano? Prima di assumere bisogna licenziare. E oltretutto si permettono di criticare il via libera ai contratti a termine, di cui deteniamo il record europeo (senza peraltro che mai abbiano frenato il calo dell’occupazione). Lo sconsolato Manca denuncia l’“ostilità preconcetta verso le imprese”. Lasciatele licenziare, pagare poco e assumere a termine. Altrimenti a cosa serviamo noi giornalisti?