Ridotta all’osso, la situazione politica è questa. 1) Il governo Draghi fa politiche di centrodestra con una maggioranza di centrosinistra: infatti il centrodestra avanza e il centrosinistra arretra. 2) Nel centrodestra tutti lavorano per vincere le Politiche, unendo chi ama il governo Draghi (Lega e FI) e chi lo contesta (FdI); nel centrosinistra tutti lavorano per perdere le Politiche, lasciando per strada sia chi ama il governo Draghi (e vota centrodestra) sia chi contesta il governo Draghi (e non vota centrosinistra perché il centrosinistra vota tutte le norme di centrodestra del governo Draghi). 3) Nel centrodestra tutti lavorano per vincere le Amministrative, presentandosi uniti; nel centrosinistra tutti lavorano per perdere le Amministrative, presentandosi divisi (fuorché a Napoli). Letta, come già Zinga, non controlla il Pd, che resta in mano ai renziani, ieri impegnati a rovesciare Conte e ora a combattere non la destra, ma i 5Stelle, con l’ideona di una “federazione” con l’Innominabile, Calenda, Bonino e altri noti frequentatori di se stessi. Risultato: nell’ultimo sondaggio gli elettori del Pd dicono di fidarsi più della Meloni che dell’Innominabile. I 5Stelle hanno finalmente un nuovo leader, Conte, che però inspiegabilmente parla poco di contenuti e molto di formule: i “moderati”, tanto cari anche a Di Maio; i due mandati; il nuovo linguaggio da circolo Pickwick (“onorevoli” o “portavoce”, “giustizialisti” o “garantisti”?); i confini dell’alleanza col Pd. Tutti temi che non fregano niente a nessuno.
Tantopiù che di “moderati”, in giro, non se ne vede l’ombra: qualunque partito votino, sono tutti incazzati, o confusi, o terrorizzati. Figurarsi quanto può importare se il nuovo M5S sarà di centro, di destra o di sinistra, se i suoi eletti faranno due o tre mandati, se si chiameranno “onorevoli” o “portavoce”, se chiederanno scusa a tal Uggetti per aver chiesto le sue dimissioni dopo l’arresto per un bando di gara fatto scrivere alla ditta che doveva vincerla. La Meloni, l’unica che avanza, dice ogni giorno quel che vuol fare. E poco importa se non riuscirà a farlo. Tutti gli altri si guardano l’ombelico. Eppure gli elettori non perdono occasione per urlare ciò che vogliono. Le primarie parentali del Pd a Torino hanno riunito 11mila votanti, 5mila in meno delle firme raccolte dai candidati. Che altro deve accadere perché Conte voli a Torino e convinca l’ottima sindaca Appendino a ricandidarsi? È vero, è stata condannata in primo grado. Ma non per aver truccato una gara: per una disgrazia causata da una gang di rapinatori. Mai come oggi i cittadini hanno bisogno di figure oneste, collaudate e rassicuranti, non di fumisterie. Lo capiranno i nostri eroi, prima che la Meloni arrivi al 50 per cento?