Eutanasia legale: la battaglia di Lorenzo, “Mario” e Daniela

25 Giugno 2021

Caro “Fatto”, sono la vedova di Lorenzo P., malato di Sla e morto in Svizzera, di cui avete pubblicato la lettera di addio l’8 aprile scorso. Ho letto la recente notizia riguardante il Tribunale di Ancona e l’ordine di verificare le condizioni per l’accesso al suicidio assistito da parte di “Mario”. A “Mario” vanno tutto il mio affetto e la mia vicinanza. Sosterrò la campagna dell’Associazione Luca Coscioni (lo devo alla memoria di Lorenzo e alla nostra storia insieme) e spero davvero che il nostro Paese riesca finalmente a dotarsi di questo strumento di civiltà. Grazie per la sensibilità che avete sempre dimostrato verso la questione del fine vita, spesso in beata solitudine nel panorama dell’informazione.

Tina DF

Carissima Tina, sempre più spesso raccontiamo storie di persone che avrebbero voluto scegliere, ma non hanno avuto il tempo. O la possibilità. Come S., da sei mesi ricoverata in stato vegetativo: ha lo stato di coscienza di una neonata di un mese, dopo l’ennesima riabilitazione potrà raggiungere al massimo quello di una bimba di 3-4 mesi. I suoi cari vogliono che vengano rispettate le sue volontà, perché non è questa la vita che avrebbe voluto. Ma per il giudice tutelare bisogna comunque andare avanti con le cure. E poi rivalutare le condizioni di S. fra tre mesi. E poi chissà per quanto tempo ancora. “La responsabilità – come dice Marco Cappato che assieme all’Associazione Luca Coscioni, media partner anche ilfattoquotidiano.it, sta portando avanti la raccolta firme per presentare il Referendum per l’Eutanasia Legale – è dei partiti: in 37 anni non sono mai riusciti a discuterne”. E, ancora una volta, visto che il Parlamento una legge non l’ha fatta (nonostante ben due richiami della Corte costituzionale), noi cittadini abbiamo in mano il diritto, la speranza, il potere di sopperire a questa mancanza. La sfida è di raccogliere 500mila firme entro il 30 settembre per chiedere una parziale abrogazione dell’art. 579 del Codice penale, che impedisce la realizzazione di ciò che comunemente si intende per “eutanasia attiva”. Se il referendum fosse approvato, si passerebbe al principio dell’“autodeterminazione individuale”, quella grazie alla quale suo marito Lorenzo, “Mario”, Daniela – solo per citare gli ultimi – non avrebbero avuto bisogno di andare in Svizzera. Ecco perché, assieme a lei, anche io come tanti altri saremo in piazza per firmare.

Maddalena Oliva

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