Un classico dei B-movie scollacciati anni 80 è la scena del marito ipnotizzato dalla partita di calcio in tv mentre la moglie nell’altra stanza se la spassa con l’idraulico. Mutatis mutandis, è il caso di dirlo, la stessa scena si ripete nella politica reale da quando Grillo ebbe la visione di trasformare il M5S (partito di maggioranza relativa) nella ruota di scorta del caterpillar di Draghi, poi di consegnarlo a Conte per tamponare l’emorragia di consensi, infine di sfanculare Conte dopo quattro mesi di lavoro volontario, lasciando i 5Stelle senza testa (cioè con la sua e quella di Casaleggio). E mentre il M5S si rimira l’ombelico e discute di temi appassionanti come lo statuto, il garante, il direttorio, i dati degli iscritti e la piattaforma, nell’altra stanza Draghi se la spassa con Confindustria & centrodestra alle loro (e nostre) spalle: ingaggia i migliori aedi del Partito degli Affari che s’è mangiato l’Italia per 30 anni; sblocca i licenziamenti e si fa beffe dei sindacati con un accordo-farsa che consegna ai padroni il diritto di vita o di morte sui lavoratori; dopo il condono fiscale, vara la sanatoria per i precari della scuola (per esservisi opposta, la Azzolina è ancora sotto scorta); si fa bello del Recovery ottenuto dal predecessore in una fiction con la Von der Leyen a Cinecittà; cancella il Cashback, ottima arma anti-evasione, primo passo per la digitalizzazione (era nel Piano Colao) e aiuto concreto ai negozianti distrutti dal Covid e poi dall’e-commerce; ingrassa il partito degli inquinatori e del fossile con l’apposito Cingolani; e raccatta l’assist delle destre con la mozione sul Ponte sullo Stretto, votata da una parte dei 5Stelle in stato confusionale, senza guida né bussola.
Di questo passo, smantellare anche le ultime conquiste targate M5S, dalla blocca-prescrizione alla Spazzacorrotti (si è già cominciato trasferendo poteri dall’Anac a Brunetta) al reddito di cittadinanza, sarà un gioco da ragazzi. Di queste quisquilie Grillo non si occupa né si accorge: l’ha detto lui che in tre anni i suoi ministri non han combinato nulla (invece vuoi mettere i veri grillini Draghi e Cingolani). Ma qualcuno dovrà pur occuparsene, il che rende comprensibile la fretta di Conte di partire. Purché non sia un partito personale da uomo solo al comando, ma un movimento collettivo con un gruppo di cofondatori che hanno dato buona prova al governo e in Parlamento e di nuovi innesti dalla società civile. Per dare una casa e una bussola a una comunità portata allo sbando da Grillo. A meno che questi non ritiri tutto quel che ha detto e fatto negli ultimi 7 giorni e si contenti di fare il garante muto. Ma è quasi un’ipotesi dell’irrealtà. E il tempo pare scaduto: basta dare una sbirciatina nell’altra stanza.