Dal balcone sopra la Porta di Tien an men, dove Mao dichiarò l’inizio del regime comunista nel 1949, il presidente Xi Jinping ha aperto i festeggiamenti per celebrare il centesimo anniversario della nascita del Partito comunista cinese. Con il sorriso sicuro di chi è conscio di essere leader a vita dell’unica potenza in grado di far paura agli Stati Uniti e di essere il segretario del partito più potente del mondo, Xi ha menato duro contro i “nemici del popolo” interni ed esterni. Vestito con un completo grigio “maoista” e mantenendo il consueto atteggiamento serafico, “zio Xi”, come ama farsi chiamare dal popolo che in realtà lo teme per i suoi super poteri e per il pugno di ferro contro qualsiasi minima forma di dissenso, ha tenuto un discorso apologetico nei confronti dei fondatori del PCC ed esaltato le performance del Dragone passato in un secolo da creatura povera e arretrata a ricchissima e moderna.
Nei confronti del resto del mondo, Xi ha riservato parole di disprezzo come mai aveva fatto prima. Si tratta di una reazione prevedibile, specialmente dopo il recente tour del segretario di Stato americano, Antony Blinken, teso a ricompattare l’Europa e tutto l’Occidente contro il Dragone, ma il segretario-presidente per questa ghiotta occasione ha aggiunto un carico di aggressività non da poco.
Il leader a vita ha avvertito che chiunque tenti di fare il prepotente con la Cina “vedrà teste rotte e spargimento di sangue”. Nel suo discorso d’investitura fu Xi a presentare una agenda più audace, per usare un eufemismo, in ambito estero, ma la selezionatissima folla plaudente non è sembrata ricordarsene. Del resto chi ha partecipato alla sfarzosa cerimonia di ieri fa parte dell’establishment e concorda con la linea di Xi. E se non concordasse, non lo darebbe a vedere, pena l’epurazione. Per un’ora, con un linguaggio insolitamente energico, il presidente ha anche affermato che la nazione deve attenersi alla regola del partito unico, sottolineando il ruolo dei comunisti nel portare la Cina alla ribalta globale. Xi, che sta prendendo in considerazione un terzo mandato da segretario del PCC a partire dal prossimo anno, ha ricevuto l’applauso più lungo quando ha affermato che il partito ha ripristinato la dignità della Cina dopo decenni di sottomissione alle potenze occidentali e al Giappone nel XIX e XX secolo.
“Il popolo cinese non permetterà assolutamente a nessuna forza straniera di opprimerci o renderci schiavi e chiunque tenti di farlo dovrà affrontare teste rotte davanti alla Grande Muraglia di ferro di 1,4 miliardi di cinesi”, ha tuonato. Dietro la Grande Muraglia però si nascondono ancora le carceri dove sono stati imprigionati i tibetani e gli squallidi dormitori dove sono costretti a vivere; i lager dove da oltre vent’anni vengono rinchiusi per essere rieducati i membri dell’etnia uigura, una minoranza turcofona di fede islamica che abita la regione in teoria autonoma dello Xinjiang, ricca di acqua e metalli preziosi. Dietro la Grande Muraglia vengono consumate le peggiori violazioni dei diritti umani, come sta avvenendo nella città-Stato di Hong Kong dove manifestanti pacifici e direttori di case editrici e giornali vengono sistematicamente arrestati o fatti sparire per ricomparire davanti al tribunale di Pechino. Dietro la Grande Muraglia è il partito a nominare vescovi e cardinali cattolici e i medici che tentano di avvertire dell’inizio di una nuova pandemia proveniente dalla Cina da questo partito vengono fatti arrestare anziché premiare.
Vale la pena di ricordare che i membri del Partito comunista cinese rappresentano solo il 6% della popolazione costituita da 1 miliardo e 400 milioni di persone, ma questa spietata oligarchia controlla tutti gli asset del paese, compresa l’industria culturale che ha costretto molti intellettuali e accademici a lasciare la Cina per non essersi uniformati a divulgare la “corretta visione della storia”, come Mao e Xi chiamano la propaganda. Xi ha anche assicurato che il partito manterrà il controllo assoluto sull’esercito, che ora ha il secondo budget annuale più grande del mondo dopo gli Stati Uniti. “Trasformeremo l’esercito popolare in un esercito di livello mondiale, con capacità ancora più forti e mezzi ancora più affidabili per salvaguardare la sovranità, la sicurezza e gli interessi per lo sviluppo della nazione”. Una promessa per i cinesi, una minaccia per gli abitanti del resto del mondo.