Bancarotta per dissipazione. È il reato iscritto dalla Procura di Perugia nell’ambito del fascicolo sulla vicenda del concordato Acqua Marcia. Si tratta dell’indagine partita dalle dichiarazioni di Piero Amara. Il fascicolo ha attraversato mezza Italia: da Milano è stato trasmesso a Roma che poi l’ha inviato a Perugia per competenza. Qui i pm, guidati da Raffaele Cantone, hanno escluso l’eventuale coinvolgimento di magistrati e hanno rimandato le carte nella capitale, iscrivendo solo il reato. Non ci sono infatti indagati. Tutto parte dunque dal verbale di Amara (poi arrestato dalla Procura di Potenza per corruzione in atti giudiziari e ora tornato libero con l’obbligo di dimora a Roma) del 14 dicembre 2019. Quel giorno davanti ai pm milanesi, l’avvocato siciliano – le cui parole sono tutte da verificare – racconta: “Su richiesta di Vietti mi interessai del concordato preventivo della società Acqua Marcia di Roma. Vietti sapeva che Caltagirone aveva il problema di far omologare dal Tribunale di Roma il concordato preventivo della sua società Acqua Marcia. Mi chiese pertanto di parlare con Fabrizio Centofanti che all’epoca era il responsabile delle relazioni istituzionali di Acqua Marcia (…) e di dirgli di nominare come legali della società Enrico Caratozzolo, Guido Alpa e Giuseppe Conte. Mi disse Vietti che la nomina era per ottenere l’omologa del concordato”. Gli accertamenti dei pm di Perugia però hanno escluso l’eventuale coinvolgimento di magistrati. Su quanto raccontato da Amara, l’ex presidente del Csm Vietti, non indagato, nei mesi scorsi ha smentito categoricamente; come pure Centofanti, anche questi non indagato, che al Fatto ha spiegato: “Rivendico la correttezza sia professionale sia economica di quell’incarico conferito nell’interesse del Gruppo. In merito alla parcella di circa 400 mila euro per 26 società in concordato per un valore tra attivo e passivo di circa 2 miliardi di euro mi sembra ci abbia trattato molto bene!”. In un’intervista al Fatto del 12 maggio Conte (non indagato) invece ha ribadito: “Non ho nulla a che fare con i loschi traffici del signor Amara, non l’ho mai conosciuto. Il mio nome sarebbe stato fatto da Vietti, con cui pure non ho mai avuto rapporti personali e professionali. Trecento pareri legali mi hanno occupato per quasi un anno, quindi quel compenso era il minimo: tutte quelle parcelle hanno passato il vaglio del tribunale e dei commissari giudiziali nominati dai giudici fallimentari”.
Acqua Marcia, il caso degli incarichi a Conte. Fascicolo a Roma, inchiesta per bancarotta senza indagati