Finalmente, dopo 14 mesi dal primo focolaio di coronavirus in un allevamento di visoni olandesi (inizio di una epidemia che ha colpito oltre 400 allevamenti nella sola Europa, con milioni di animali abbattuti e formazione di ulteriori varianti del virus pandemico) gli Stati membri si sono uniti (quasi tutti) per impegnare la Commissione Europea a vietare definitivamente gli allevamenti “di pellicce”, e sulla base di non solo motivazioni sanitarie, ma anche etiche e di benessere animale (riconoscendo l’inconsistenza dei vari protocolli di certificazione di cui si è dotata l’Industria della pelliccia).
Un momento storico quello vissuto nell’ultima sessione del Consiglio dell’Unione Europea dei ministri dell’agricoltura (Agrifish) che si è tenuto lunedì 28 giugno in tarda serata. A smuovere le acque è stata l’iniziativa di Olanda e Austria, che hanno formalizzato una proposta alla Commissione Ue, subito sottoscritta da Belgio, Germania, Lussemburgo e Slovacchia. Nel dibattito hanno quindi annunciato il proprio sostegno anche l’Italia (con il ministro Patuanelli: “L’allevamento di animali per le pellicce non è più giustificabile e l’Italia darà il massimo supporto per giungere al divieto europeo di questa forma di allevamento”), così come Francia, Bulgaria, Irlanda, Ungheria, Slovenia, Estonia e Polonia (quest’ultima peraltro nonostante oggi sia il primo produttore europeo di visoni). Unici Stati membri che hanno palesato di non volere sostenere questo divieto la Romania, la Lituania e la Grecia, mentre la Danimarca (che lo scorso anno ha abbattuto tutta la produzione nazionale, oltre 17 milioni di visoni, perché non più in grado di arginare la diffusione del coronavirus) si è astenuta.
Ora la palla passa dunque alla Commissione Europea che, stando alla replica della Commissaria alla Salute la cipriota Stella Kyriakidou, che ha chiuso il dibattito rappresentando ad oggi l’assenza di basi giuridiche per un divieto esplicito ed immediato – su motivazioni etiche- segnala l’inizio di un percorso non proprio in discesa. Nell’attesa di una iniziativa legislativa europea, che comunque dovrà essere intrapresa data la numerosità degli Stati membri favorevoli, cosa si sta facendo e quanto costa mantenere in biosicurezza gli allevamenti dei visoni?
In Italia il Ministro della Salute Roberto Speranza ha sospeso le riproduzioni dei visoni per tutto il 2021. Questa misura “anti-Covid” in realtà è servita solo ad evitare di portare a pieno regime gli allevamenti che comunque, continuano ad essere dei potenziali serbatoi di coronavirus dato che nelle 6 strutture ancora attive tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Abruzzo sono presenti oltre 10.000 visoni riproduttori e stabulati nelle medesime condizioni di sistema intensivo.
Come più volte raccomandato dagli organismi internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità, FAO, Organizzazione Mondiale della Sanità Animale) e Istituzioni europee (Agenzia per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, ECDC, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, EFSA), i visoni sono particolarmente suscettibili alla infezione da coronavirus e spesso non manifestano sintomi o incrementi di mortalità; questo implica che una volta che il virus è introdotto in allevamento (dall’uomo) si formano veri e propri serbatoi che senza test diagnostici non possono essere rilevati, con ulteriore rischio per la salute pubblica. Ecco perché a dicembre 2020, come da mesi richiesto dalla LAV, il Ministro Speranza ha disposto una sorveglianza diagnostica obbligatoria nei visoni (60 tamponi ogni 15 giorni in ogni allevamento).
Il governo dovrebbe però valutare l’opportunità anche in termini di costi-benefici di vietare definitivamente questi allevamenti: da inizio pandemia la presenza in Italia di allevamenti di visoni ha pesato sulle casse della Sanità Pubblica per un ammontare non inferiore a 200.000 euro, e continueranno ad esserci ulteriori costi per la necessaria attività di sorveglianza non sindromica che sistematicamente dovrà essere mantenuta sintanto che saranno presenti questi allevamenti.
Nello scorso ciclo produttivo di pellicce di visone (maggio-dicembre 2020), sulla base dei dati che la LAV ha acquisito presso gli Istituti Profilattici Sperimentali e le Aziende Sanitarie locali, sono stati svolti 1.992 tamponi tra i 63.500 visoni stabulati negli 8 allevamenti all’epoca in attività e con un costo complessivo di 52.967,28 euro (considerando il costo cadauno dei tamponi nei visoni pari a 26,59€, comprensivo dei costi del personale, dell’uso di reagenti e quota di ammortamento del materiale e delle attrezzature; dato fornito da Izsler).
Tra questi 63.500 visoni, 26.200 sono stati abbattuti a dicembre 2020 a causa della conferma della infezione da SARS-CoV-2 nell’allevamento di Capralba (CR), dopo però che nello stesso allevamento sono stati fatti 1.874 tamponi; operazione che alla ATS Val Padana è costata 125.916,16 euro (63.542,50 euro il costo dello stamping out, 12.544 euro il costo per lo smaltimento delle carcasse, 49.829,66 euro il costo dei tamponi). Quindi, totale speso dalla Sanità Pubblica nel solo 2020 e in assenza di un sistematico controllo diagnostico: 129.053,78 euro.
Nel 2021 risultano essere rimasti 6 allevamenti (uno era stato soggetto a stamping out, un altro ha cessato l’attività) e che detengono 10.675 visoni “riproduttori”. Nel solo periodo gennaio-aprile 2021, nonostante una significativa riduzione della popolazione dei visoni, l’attività di sorveglianza non sindromica è costata alle Aziende sanitarie locali 76.087,29 euro; in questi quattro mesi risultano infatti essere stati svolti 2.811 tamponi e 180 test sierologici (costo cadauno 14,92 euro). Di questi test, 594 tamponi e tutti i 180 sierologici sono stati fatti nel solo allevamento di Villa del Conte (Pd) che, essendo stato riconosciuto come secondo focolaio italiano a causa della conferma della infezione di SARS-CoV-2, è già oggetto di ordinanza di abbattimento, con ulteriori costi a carico della locale ULSS6 Euganea (Padova).
Sugli allevamenti “di pellicce” il Governo Draghi deve cambiare marcia: le positive dichiarazioni del Ministro Patuanelli in sede Agrifish devono essere tradotte in un urgente Disegno di Legge per vietare da subito, in Italia, gli allevamenti di visoni (e ogni altra specie per la produzione di pellicce) senza attendere che sia l’Europa ad intervenire. L’Italia sia da esempio con atti concreti.