Nell’illusione che – questa volta – qualcuno lo segua, Matteo Renzi ha promesso che nel 2022 lancerà un referendum abrogativo del Reddito di cittadinanza. Lo ha annunciato ieri, non a caso al convegno dei giovani imprenditori della Confindustria. Nuovo tentativo di picconare la misura approvata dal governo Conte, unica rimasta intatta malgrado la martellante opera di revisionismo in corso con il governo Draghi. Eppure quando le valutazioni sui risultati sono scientifiche e non politiche, il Reddito viene presentato non solo come efficace, ancora migliorabile, ma strettamente necessario vista la debolezza e la sterilità degli strumenti anti-povertà messi in campo negli anni precedenti, quando le famiglie indigenti aumentavano di numero ma non ricevevano aiuti statali.
A far emergere questo aspetto è il primo rapporto annuale Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), che venerdì 16 luglio sarà presentato – alle 11 alla Camera – dal presidente Sebastiano Fadda. Il Fatto può anticipare alcuni passaggi contenuti nel documento. In Italia, i trasferimenti sociali (al netto delle pensioni) hanno storicamente avuto un’efficacia dimezzata rispetto a quelli di Francia, Regno Unito e Germania, sia sull’incidenza sia sull’intensità della povertà. “I due indicatori – si legge – risentono, nella fase che ha preceduto l’avvio delle due misure nazionali (Rei e Rdc, ndr), della mancanza di uno schema di reddito minimo”. “Nel 2013 – aggiunge – quasi metà delle famiglie in povertà assoluta non riceveva alcun tipo di prestazione sociale di tipo monetario; ciò spiega, almeno in parte, l’esigenza (sociale) e l’opportunità (politica) che il contrasto alla povertà entrasse nell’agenda politica”. “Il 2019 – ricorda l’istituto – è stato il primo anno dalla crisi economico-finanziaria del 2008-2014 in cui l’indicatore (di povertà, ndr) è diminuito rispetto all’anno precedente (dal 7% al 6,4%)”.
Malgrado tanti detrattori ritengano che si stiano dando soldi a persone che restano sul divano, l’Inapp fa notare che “nel RdC viene rafforzata in maniera significativa la condizionalità della misura”. Il Rei – approvato dal governo Gentiloni a fine legislatura proprio per inseguire la proposta del Movimento Cinque Stelle – aveva raggiunto in quindici mesi 1,4 milioni di persone; il Reddito di cittadinanza, nell’anno della pandemia, ha raddoppiato questo target, andando a 2,8 milioni di individui.
Dopo la crisi del 2008, il numero di famiglie povere è rapidamente aumentato, anche durante il governo Renzi. Ma per molto tempo sono mancate misure nazionali e le risorse messe in campo dai Comuni per sostenere questi nuclei sono state insufficienti. Tra il 2011 e il 2013, mentre il disagio economico saliva repentinamente, la spesa è addirittura diminuita. “Successivamente – dice il rapporto – all’aumentare dell’incidenza del tasso di povertà assoluta corrisponde un aumento (non proporzionale) della spesa sociale: nel periodo considerato, infatti, la povertà assoluta aumenta di circa il 23%, la spesa sociale del 15%”. “La dinamica della spesa per quanto riguarda la dotazione strutturale – aggiunge – è in significativo aumento, aspetto che sommato alla cospicua dotazione monetaria a disposizione del Reddito di cittadinanza rappresenta un valore aggiunto nella costruzione di un sistema di welfare efficace”.
Questo non significa che il Reddito non abbia difetti. Anzi, sembra ancora troppo debole per le famiglie più numerose. Su questo aspetto, conclude l’Inapp, “appare un’opportunità non colta fino in fondo”. Ma è ovvio che per intervenire su questa falla bisognerebbe fare l’esatto opposto di quanto chiedono i critici, e cioè potenziarlo, non abolirlo.