Quando Suz (Susanna La Polla) mi ha contattata per prendere parte al progetto “Donna Circo” era l’autunno del 2018, era uscito da poco il mio secondo singolo “Marie” un brano ispirato alla storia dell’attrice francese Marie Tritignant assassinata da suo marito nella stanza di un albergo in Lituania. Nei miei testi ho sempre toccato temi come la violenza sulle donne, le discriminazioni razziali, l’omofobia e le disparità di genere, e forse per questa ragione le persone che mi ascoltano o mi amano o mi odiano. Non tutti hanno voglia di ascoltare canzoni che parlano di argomenti scomodi, d’altronde il nostro è un paese che ama la musica leggera, anzi “leggerissima”. Nell’oggetto di quella mail c’era un titolo singolare “Donna Circo, il primo disco femminista italiano”, e nel corpo della mail mi si chiedeva di reinterpretare una canzone di un disco scritto 1974 e mai pubblicato. Su due piedi ho pensato: cosa si intende per primo disco femminista, ma soprattutto cosa centra il circo con il femminismo? Quando ho ascoltato il brano che avrei dovuto ri-arrangiare e ricantare, “A cuore aperto” che tratta il tema dell’aborto clandestino, ho finalmente capito il senso di quel titolo.
La verità è che stiamo parlando di un disco inciso e negato circa quarant’anni fa da due donne che oggi hanno più di ottant’anni, Paola Pallottino, già autrice di alcuni testi di Lucio Dalla, e Gianfranca Montedoro, musicista e interprete. Nel ’74 in effetti non potevi svegliarti la mattina e decidere di scrivere una canzone sul femminicidio o sulle discriminazioni di genere, prima di tutto perché nel ’74 le donne che scrivevano testi di canzoni si contavano sulle dita di una mano, e in secondo luogo perché quella era un’Italia in cui alla donna non era consentita nemmeno la libertà di autodeterminare il proprio corpo. Era un’Italia il cui sistema patriarcale concepiva l’esistenza di una donna solo in quanto figlia, moglie e madre, e quando le offriva la possibilità di essere anche una lavoratrice, attività che si andava a sommare al carico di impegni e di responsabilità che avevano le donne in qualità di uniche custodi del focolare, si traduceva nella subordinazione gerarchica, stipendiale e sociale della donna rispetto all’uomo. Ed ecco perché un disco che parla di aborto clandestino, femminicidio e discriminazioni di genere doveva farlo attraverso la metafora del circo, perché la donna di quegli anni, che fosse operaia, dottoressa o artista, doveva essere prima di tutto una brava figlia, una brava moglie e una buona madre, una giocoliera in grado di tenere in sole due mani le differenti e complesse sfere della vita, resistente e ubbidiente come un elefante ammaestrato, l’assistente perfetta e la complice ideale del mago prestigiatore, la valletta immobile e sorridente che spera solo che il lanciatore di coltelli non si sbagli anche questa volta.
Questo disco non è mai stato pubblicato prima di oggi, ma ben quarant’anni dopo 12 artiste del panorama indipendente Bolognese ricantano nel 2021 le 12 tracce che lo compongono: Angela Baraldi, Vittoria Burattini dei Massimo Volume, NicoNote (Nicoletta Magalotti), Valeria Sturba, Enza Amato, Alice Albertazzi, Eva Geatti, Francesca Bono, Marcella Riccardi, Meike Clarelli, Suz (Susanna La Polla De Giovanni) e Una (Marzia Stano). Ri-arrangiato e prodotto da Ezra Capogna (già attivo nei progetti musicali Casino Royale e Phoet), con la partecipazione di una band composta da Chiara Antonozzi (basso), Irene Elena (chitarra) e la stessa Vittoria Burattini (batteria, oltre che voce di “Trenta Coltelli”). L’immagine di copertina della versione attuale è stata disegnata dall’illustratrice Francesca Ghermandi, e la partecipazione al disco si è arricchita nel tempo di featuring e collaborazioni: Laura Agnusdei (sax), Sara Ardizzoni (chitarra) e Marcella Menozzi (chitarra), pubblicato in due versioni, originale e attuale, dalla Tempesta Dischi.
Nel 2021 ci ritroviamo a dover difendere un testo come quello del Ddl Zan che per certi versi risulta ancora incompleto, ci ritroviamo a difendere dagli attacchi la legge 194 che garantisce a tutte le donne di poter interrompere la gravidanza legalmente, ci ritroviamo a leggere sulle pagine dei giornali titoli misogini di violenze e stupri che avvengono quotidianamente, a difenderci dal sessismo che permea la nostra cultura e che descrive la donna come un essere da possedere, domare o nel migliore dei casi da “proteggere”. Ma la verità è che siamo tante, siamo forti e siamo state in grado di sopravvivere a persecuzioni, per questa ragione questo disco suona oltraggiosamente attuale ancora oggi e abbiamo bisogno di raccontarne la storia.