Ci sono, sui grandi giornali, 12-13 pagine di iper-retorica sul trionfo azzurro, la rinascita, la gioia, la festa, il rinascimento tricolore, il draghismo, il mattarellismo, il mancinismo, il donnarummismo, poi si arriva – col fiatone – ai 442 di Campi Bisenzio che il rinascimento italiano l’hanno ricevuto via email: licenziati. Tutti menano scandalo sul metodo: che modo sarebbe di mettere sul lastrico intere famiglie? Che poca eleganza, che cinismo! Insomma, davanti a quasi cinquecento persone che perdono il lavoro, in un momento in cui trovarne un altro è assai difficile (e trovarlo alle stesse condizioni praticamente impossibile), si stigmatizza il metodo e non il merito: viene da pensare che se i lavoratori della Gkn fossero stati licenziati con una regolare raccomandata tutto sarebbe stato accettato più facilmente. Una questione di eleganza.
Poi, giù a leggere dichiarazioni ed esternazioni della politica, la stessa che due settimane fa ha votato per sbloccare i licenziamenti, perché se non si licenzia non si può ripartire, logico, no? Povero governo Draghi, intendeva permettere licenziamenti di massa, sì, ma secondo il galateo, e invece…
Naturalmente nessuno ci spiega esattamente cosa vuol dire per una famiglia con un reddito di 20-30.000 euro annui perdere quel reddito. Nessun cronista sarà presente alle cene in famiglia dove si decide di rimandare questa o quella spesa, di affrontare azioni normali (un paio di scarpe per i ragazzi, un cinema, una gita fuori porta e altre cose persino più essenziali) come sforzi indicibili. Nessun politico assisterà alla frenetica compulsazione dei volantini dei discount che permetteranno (forse) di risparmiare quindici euro sulla spesa settimanale. Sarebbe retorica, sarebbe giornalismo a effetto, sarebbe parlare “alla pancia del Paese”, uh, che brutto! Populismo! Mentre invece infiocchettare di pagine e pagine la riscossa dell’Italia sul mondo per via di rigori ben tirati e ben parati è buona prassi, ma bisogna capirli: nessuno dei prodigiosi cantori del trionfo di Wembley ha problemi a mettere insieme il pranzo con la cena.
Tra i più grotteschi interpreti di questo scandalizzarsi per il modo e non per la sostanza, c’è l’ineffabile ministro Giorgetti, il leghista buono, il leghista che non bacia i salami. Testuale: “È inevitabile che queste cose accadano” (intende i licenziamenti che il suo governo ha sbloccato, che poteva rendere evitabili, per l’appunto). Ma poi, sventurato, aggiunge la sua perlina alla collana di paraculismo diffuso: “Però non possono succedere in questo modo”. Il dito, la luna. E infine, ecco la ciliegina: “Noi abbiamo in mente di fare il West, non il Far West”. Costruzione semantica stretta parente dei giochetti verbali del renzismo, parlandone da vivo, calembour, formulette buone per andare sui giornali, che non dicono niente, che non hanno dietro un pensiero, che servono a fregare i gonzi. Tutti i gonzi – come volevasi dimostrare – riportano la frasetta a effetto. Prudono le mani, più che altro.
Ancora più irritanti le reazioni della politica: “Inaccettabile”, dice il ministro del Lavoro, che alla fine accetterà. “Se le cose stanno così bisogna rivedere lo sblocco dei licenziamenti”, dice il segretario del Pd. E come dovevano stare, le cose? Qualcuno lamenta che non abbia funzionato a Campi Bisenzio la moral suasion di governo e Confindustria: licenziate pure, ma con garbo. In modo che centinaia di famiglie possano precipitare nella povertà, ma con garbo, mi raccomando, sennò fa brutto.