RIFORMA GIUSTIZIA: CONTE OTTIENE IL REGIME SPECIALE PER I REATI DI MAFIA. Dopo un braccio di ferro durato ore alla fine si è arrivati a un’intesa sulla riforma della giustizia, che ora ha il via libera del Movimento 5 Stelle. È stato superato anche l’ultimo scoglio che aveva bloccato le trattative durante la giornata, quello sul calcolo dell’improcedibilità per i reati di mafia. Nel testo finale, a quanto si apprende, non ci sarà nessuno stop in Appello e Cassazione per i delitti previsti dagli articoli 416 bis e ter del Codice penale (l’associazione mafiosa e il voto di scambio), e l’improcedibilità scatterà dopo 6 anni per tutti i reati con aggravante mafiosa, fino al 2024 (poi diventeranno 5). “Risultato ottenuto”, ha dichiarato a caldo Giuseppe Conte. L’accordo, dicevamo, arriva al termine di una giornata molto complicata per la maggioranza. A mediare sarebbe stato il Pd, con il ministro Andrea Orlando. La bozza arrivata stamattina sul tavolo di Conte era stata presto giudicata insoddisfacente, perché allungava i termini dell’improcedibilità solo di un anno in Appello per “giudizi particolarmente complessi”, con l’aggiunta della possibilità di “ulteriori proroghe” per un numero limitato di reati di mafia. Proposta che il Movimento giudicava insufficiente, fino all’ipotesi di una possibile astensione alla fiducia in aula. Il Consiglio dei ministri, oggi più volte sospeso, è terminato da pochi minuti. A quanto è dato sapere al momento, la mediazione non comprenderebbe tutti i punti sollevati da Conte e aspettiamo di capire quando avverrà il voto in aula. Sul Fatto di domani ricostruiremo tutti i passaggi di questa giornata frenetica e vi daremo i particolari della mediazione raggiunta.
LE RICADUTE SUL MOVIMENTO. Sul giornale di domani vi daremo conto anche dell’effetto “mediazione” sui 5Stelle. Il leader, Giuseppe Conte, aveva avuto una lunga riunione con i “suoi” ministri prima dell’inizio del Cdm e di certo la sua leadership si è fatta sentire. Tanto che immediatamente era circolata una ferma presa di posizione: “Sulla mafia non si transige”, oppure si va verso l’astensione. Poi, come dicevamo, l’accordo a fine serata. Resta da capire quanti parlamentari saranno contenti adesso di come si è conclusa la trattativa e quanti, invece, avrebbero cercato lo strappo. “Sono fiducioso che nella discussione generale saremo compatti”, è stato l’appello di Conte ai suoi poco dopo l’annuncio dell’intesa. Proprio stamattina si era registrata una defezione: la senatrice Elena Botto ha lasciato il gruppo per spostarsi nel Misto: “Troppi accordi al ribasso”, ha spiegato, in un momento, però, in cui l’accordo ancora non c’era. Le prossime ore saranno dunque decisive anche per capire la reazione della base pentastellata, chiamata tra pochi giorni a esprimersi su leadership e statuto.
IL CSM BOCCIA DUE VOLTE LA CARTABIA. L’improcedibilità è “irrazionale” e la norma sull’azione penale rischia di confliggere con la divisione dei poteri dello Stato. Mentre andava avanti la discussione politica, il Consiglio superiore della magistratura ufficializzava i suoi pareri sulla riforma Cartabia. Il plenum del consiglio ha prima confermato (per 16 voti contro 3) il parere già espresso dalla sesta commissione che giudica l’improcedibilità “irrazionale” e con “ricadute pratiche drammatiche e rilevanti” sull’attività dei tribunali. Poi (17 voti favorevoli) ha votato anche il parere complessivo sugli emendamenti del governo alla riforma del processo penale. Parere altrettanto negativo. Le maggiori critiche riguardano la norma che dà al Parlamento la facoltà di valutare i criteri di priorità dell’esercizio dell’azione penale. Il Csm ritiene che sia in “possibile contrasto con l’attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato”. L’individuazione dei reati da perseguire, argomentano i consiglieri, “rispecchierà inevitabilmente e fisiologicamente le maggioranze politiche del momento”. Torneremo nei particolari sul parere del Csm domani sul quotidiano. Intanto il Movimento Agende Rosse ha lanciato una mobilitazione contro la riforma Cartabia.
LA CAMPANELLA SUONERÀ, FORSE. Come avevamo annunciato, anche questa settimana sta passando senza che il governo abbia deciso nulla sulla ripartenza della scuola a settembre. Circola, però, il documento redatto da Viale Trastevere che, di fatto, ricalca i protocolli già in vigore: areazione dei locali, pulizia quotidiana, attenzione a evitare assembramenti duranti ingressi e uscite. Il piano dovrebbe essere presentato agli enti locali la prossima settimana. “La ripresa in presenza e in sicurezza della scuola è l’obiettivo del governo, e il governo non farà mancare iniziative forti per garantire tale obiettivo”, ha annunciato il ministro della Salute, Roberto Speranza, rispondendo a un’interrogazione parlamentare. Come, ancora non è dato sapere. Lo stesso Speranza ha detto che il 30% dei 12-17enni vaccinabili ha avuto la prima dose e il 15% anche la seconda dose”. Forse un po’ pochini per permettere una ripresa normale. Sul Fatto di domani torneremo a parlare di green pass, dopo le affermazioni del virologo, Andrea Crisanti – “Il green pass è un panno caldo, avrebbe avuto senso con le varianti precedenti” –, ma allo stesso Crisanti chiederemo conto dei tamponi. L’Italia continua a effettuare un terzo dei tamponi rispetto al Regno Unito, e quindi è molto meno in grado di tracciare la diffusione del virus e isolare i contagiati. Secondo il consueto report della Fondazione Gimbe, nella settimana 21-27 luglio si è registrato un incremento dei contagi pari al 64,8%. Qui i numeri di giornata: 6100 casi e tasso di positività a 2,7%.
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