È durissima la replica del procuratore di Milano, Francesco Greco, ai colleghi che nei giorni scorsi hanno preso posizione su Paolo Storari sostenendo che, al di là del “merito” delle sue vicende disciplinari e penali, non riscontrano la sua incompatibilità con l’ufficio milanese.
“Cari colleghi – scrive Greco – la nostra Procura ha vissuto una grave vicenda di fuga di notizie. Il collega (Storari, ndr) ritenuto responsabile è ora indagato in sede penale e incolpato in sede disciplinare (…)”. Greco spiega di non voler rinunciare al “rispetto della presunzione di innocenza e delle strategie di difesa” ma precisa: “altro è difendersi, altro è lanciare gravi e infondate accuse, dopo essere venuti meno ai più elementari principi di lealtà nei confronti di chi ha la responsabilità di dirigere un ufficio”.
Storari, secondo Greco, è venuto meno quando, indagando sulla fuga di notizie – i verbali di Piero Amara sulla loggia Ungheria, non firmati e in formato word, recapitati anonimamente al Fatto nell’ottobre 2020 – non soltanto ha omesso di comunicargli d’averne consegnato una copia all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, mesi prima, ma ha deciso di non astenersi da un’inchiesta in cui era “personalmente coinvolto”. Il Fatto può rivelare un dettaglio in più che impone qualche interrogativo. Riepiloghiamo.
Il 9 novembre 2020 – chi vi scrive – consegna alla Procura di Milano il contenuto d’un plico anonimo giunto in redazione poche ore prima. Non è il primo. Già il 29 ottobre 2020 ne era giunto un altro, contenente i verbali dell’ex legale esterno Eni Amara, e sempre sulla loggia Ungheria. E già in quell’occasione il Fatto denuncia e li deposita in Procura. Il motivo? I verbali non sono firmati e potrebbero essere falsi. Oppure, se fossero veri, qualcuno ha deciso di spingerci a pubblicarli per far saltare l’indagine. La terza ipotesi – che qualcuno voglia salvare un’indagine insabbiata – non viene presa in considerazione per due motivi. Primo: il Fatto sa con certezza che nell’aprile 2020, Pedio e Storari, hanno attestato – proprio sulla base dei verbali in questione, riconoscibili attraverso le date – che Amara sta collaborando. E quindi, deduciamo, la Procura sta indagando. Secondo: quando a ottobre depositiamo i verbali in questione, Pedio e Storari appaiono sconvolti, spiegano che potrebbero essere stati manipolati, quindi non sono pubblicabili, ma soprattutto: lasciano intendere che qualcuno può averli trafugati dai pc.
E così, a novembre, quando giunge il nuovo plico anonimo, chi vi scrive chiede alla portineria della redazione di descrivere chi l’ha consegnato: potrebbe essere l’autore del furto, un complice o qualcuno in grado di indicare la filiera di chi ha trafugato i documenti dai pc dei pm. È singolare scoprire che l’unico atto d’indagine delegato da Storari – a parte chiedere di censire tutte le auto bianche di Roma – sia stato il seguente: controllare la cella telefonica del Fatto che, volendo salvare l’indagine, s’era premurato di consegnargli i verbali in questione. Sarebbe interessante sapere con quali numeri aveva chiesto di incrociare la cella telefonica del Fatto e – soprattutto – a quale scopo. Ma c’è di più. Persuasi, dall’atteggiamento dei pm, che qualcuno avesse trafugato i verbali dai loro pc, descriviamo chi li ha portati: una donna a bordo di un’auto bianca. E forniamo le generalità di chi, in portineria, ha raccolto brevi manu il plico incriminato. Questa persona – l’unica che abbia mai visto la donna – non sarà mai interrogata dalla Procura di Milano. Ma non è finita. Depositiamo anche la lettera anonima che accompagna i verbali: c’è scritto che, del contenuto dei verbali di Amara, sono a conoscenza personaggi con ruoli apicali nel Csm o il loro entourage. Ragioniamo. La tesi di Storari, confermata da Davigo, è di avergli consegnato una copia dei verbali in formato word, in quanto membro del Csm, per tutelarsi dall’inerzia investigativa dei suoi capi. La lettera anonima – menzionando le personalità venute a conoscenza dei verbali – risulta assolutamente coerente proprio con lo scopo con il quale Storari aveva consegnato i verbali di Amara a Davigo. E allora i casi sono due: o Storari – che pure è un fine investigatore – non collega la lettera anonima e i verbali in formato word non firmati consegnati dal Fatto a quelli da lui consegnati a Davigo, oppure sceglie di ometterlo a Pedio che, con lui, indagava per individuare la persona che volantinava i verbali neanche fossero le offerte di un supermercato. Il Fatto ha chiesto a Storari, attraverso il suo avvocato Paolo Della Sala, di spiegarci le sue scelte. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta.