“È stato un passaggio durissimo, gli altri partiti davano già le cose per fatte”. Giuseppe Conte chiede compattezza ai suoi e difende la mediazione sulla riforma della giustizia. E mentre l’ex premier parla agli eletti 5S, implicita conferma della difficoltà della trattativa arriva da Montecitorio, dove Lega e Forza Italia per tutto il pomeriggio rilanciano su separazione delle carriere, svuotamento dell’abuso d’ufficio e mille nuovi orizzonti che delineano, per il centrodestra, “il prossimo step della riforma”.
Conte sa che la mediazione non ha accontentato tutti i suoi, ma alla prima curva del suo mandato da leader 5 Stelle non può permettersi di perdere pezzi. E così, durante la melina d’Aula di Fratelli d’Italia prima della richiesta di fiducia (il voto finale dovrebbe essere domani), l’ex premier riunisce via Zoom deputati e senatori del Movimento nella speranza che fare chiarezza su come si è arrivati al testo finale scongiuri eventuali voti contrari oltre a quello, già emerso nel pomeriggio, dell’onorevole Alessandro Melicchio (e per questo redarguito). Non a caso Conte lo dice chiaro, in apertura di riunione: “Il risultato ottenuto è straordinario e la sintesi deve essere sostenuta da tutti”. Certo, il Movimento “non ha ottenuto tutto ciò che aveva chiesto” visto un contesto molto complicato “in cui non si mostrava alcuna via d’uscita”.
L’ex premier rivendica l’importanza della “compattezza” del Movimento, “chiave” per arrivare alle modifiche che hanno resto accettabile il testo: “Ci siamo accorti subito di alcune criticità della riforma – è la versione di Conte – il testo così com’era non poteva essere approvato, c’erano punti si cui non potevamo transigere”. E allora grazie “al confronto interno”, sviluppato con una “cabina di regia tecnica” e una “politica”, si è arrivati a un risultato che per Conte non avrà bisogno di passare dal voto degli iscritti: “La riforma è per tre quarti uguale alla Bonafede, non tradiamo nessun valore e nessun principio”. Una risposta a chi, come Danilo Toninelli, aveva chiesto il passaggio con la base per legittimare un via libera che altrimenti alcuni eletti avrebbero fatto fatica a votare.
Non sarà necessario, assicura Conte, che invita i suoi “ad abbracciare con entusiasmo il nuovo corso”, perché “il ‘fine processo mai’ non fa parte dell’indirizzo del M5S”. Parole rafforzate in Aula da Giulia Sarti, relatrice del testo, che ricorda le “modifiche migliorative” che hanno evitato “la sostanziale morte della maggior parte dei processi penali”. A metterci la faccia è anche Alfonso Bonafede, il 5 Stelle che più aveva da perdere da questa partita e che invece sceglie di sostenere Conte: “Io voterò la fiducia, orgoglioso di fare parte di un gruppo che ha deciso di contare su una questione importante come la giustizia”.
C’è però chi si aspettava di più, soprattutto sui reati ambientali, per i quali non sono previste eccezioni rispetto all’improcedibilità. Tra gli altri è la senatrice Patty L’abbate a chiedere “di sostenere azioni a tutela dell’ambiente”, “correggendo il tiro” per quanto possibile in modo da “vigilare” e poi “punire con efficacia” questo tipo di reati. Impossibile però farsi carico di nuove, interminabili trattative. Per questo Conte si aspetta unità e avvisa gli eletti di non aver affatto gradito le numerose assenze in Aula durante il voto sulle pregiudiziali costituzionali: “Non mi è piaciuto. È vero che era domenica, che la nostra presenza non era fondamentale, ma la nostra forza politica la dimostriamo con la compattezza”.
E in effetti qualche scricchiolio a Montecitorio si vede. Quando si apre il voto sulle pregiudiziali di Fratelli d’Italia e l’Alternativa c’è, bocciate con ampia maggioranza, mancano i voti contrari di 41 onorevoli 5 Stelle. Non tutti sono ribelli, certo, se si pensa che tra gli assenti c’è anche chi, come Giuseppe Brescia, ha sostenuto pubblicamente Conte. A votare con l’opposizione è invece Melicchio, che giura di “avere fiducia nel governo” ma proprio non riesce “ad accettare il compromesso arrivato in Aula, pur migliorativo del testo iniziale”.
È senz’altro migliorativo a quello che avrebbero voluto Lega e FI, che in aula concedono qualche assaggio delle prossime rivendicazioni in tema di giustizia. Cristina Rossello (FI) auspica interventi “sull’abuso d’ufficio” e “per una maggiore tutela dei sindaci”, oltre “alla riforma delle riforme”, ovvero “la separazione delle carriere” di pm e giudici. Il leghista Manfredi Potenti si dice “convinto” che ora serva “una profonda riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm”, mentre l’altro forzista Roberto Cassinelli gongola per aver ridotto il numero di proroghe ai tempi del processo e sogna “di eliminare le patologie del processo mediatico, prevedendo il divieto di conferenze stampa e il divieto di pubblicazione di nomi e foto e interviste dei magistrati protagonisti delle indagini”.