Procuratore Gratteri, ha letto il nuovo testo della “riforma” Cartabia dopo le modifiche ottenute da Conte e dai 5Stelle? Quali sono i passi in avanti e i punti ancora preoccupanti?
Il passo in avanti è che, soprattutto nel regime transitorio fino al 2025, i termini massimi di 2 anni per l’appello e di un anno per la Cassazione inizialmente previsti sono raddoppiati per i reati “ordinari” e triplicati per i reati con l’aggravante mafiosa. E certamente un tempo maggiore per celebrare i processi di secondo e di terzo grado darà un po’ di respiro e consentirà di definirne di più, prima che scatti l’improcedibilità.
Ma?
Ma è proprio la struttura dell’improcedibilità il peccato originale di questa cosiddetta “riforma”. E prevedere un elenco di reati, peraltro neanche particolarmente corposo, per i quali è previsto un termine maggiore non fa venir meno “patologia” della legge Cartabia: quella di fissare un “termine-tagliola” senza tener conto del momento della commissione del reato, della data della sentenza di primo grado e della complessità delle indagini.
La ministra Cartabia dice che così si velocizzano i processi.
Non è vero: l’improcedibilità non li velocizza, anzi li moltiplica incoraggiando le impugnazioni strumentali ad allungare i tempi; si limita a “tagliare” il numero dei processi che potranno concludersi con un accertamento definitivo, vanificando le risorse umane ed economiche investite fino a quel momento, oltre a negare i legittimi desideri di giustizia di tanti cittadini. Se davvero qualcuno avesse voluto processi più rapidi, avrebbe dovuto almeno fissare un “contraltare” per bilanciare i danni ed evitare, almeno a lungo termine, lo sfacelo a cui andremo incontro.
Può farci qualche esempio?
Non so quante volte l’ho detto, inutilmente. Gl’interventi devono essere a monte, non a valle. Non bisogna fare arrivare questa valanga di processi in secondo grado. Serve un’imponente depenalizzazione di una serie di reati contravvenzionali, per cui è ben più adeguata una sanzione amministrativa, piuttosto che penale. Vanno potenziati e incoraggiati i riti alternativi, che invece saranno del tutto disincentivati da queste norme. Occorre un’incisiva riforma delle ipotesi di appello e di ricorso per Cassazione per evitare impugnazioni strumentali e pretestuose; un ampliamento delle ipotesi di estinzione con l’oblazione per i reati minori (come quelli edilizi di scarso impatto). Serve poi investire nel personale, almeno colmando le attuali carenze, ma anche una coraggiosa revisione della geografia giudiziaria. Ancora: è illogico non prevedere espressamente una cosa che a me pare ovvia, e cioè che l’improcedibilità non operi quando i ricorsi in appello e in Cassazione vengono dichiarati inammissibili e che quindi la sentenza di condanna passi in giudicato. Assurdo. Tutte queste soluzioni eviterebbero “intasamenti”. Ma mi pare inutile continuare a ripetere l’ovvio.
Molti l’han criticata per aver detto, sulla Cartabia modello base, che faceva rivoltare nella tomba Falcone e Borsellino.
Non ricordo di averlo detto. Tra l’altro negli ultimi anni Falcone e Borsellino di motivi per rivoltarsi nella tomba ne hanno avuti talmente tanti che questo sarebbe solo uno in più. Comunque mai come in questo caso la quasi totalità dei magistrati è assolutamente contraria a questa riforma. Per una volta sono riusciti a metterci quasi tutti d’accordo, questo merito glielo dobbiamo riconoscere.
La “riforma” è anche la cartina al tornasole per giudicare l’atteggiamento dei politici. Renzi ne è fra i più strenui tifosi, dopo aver proposto lei come ministro della Giustizia e averle affidato una commissione per la riforma del processo. Pensa che oggi lo rifarebbe?
Lui, non ne ho idea. Lo deve chiedere a Renzi. Io invece la commissione, chiunque me la proponesse, la rifarei subito, perché grazie alle persone che con me la componevano ha fatto un lavoro eccellente. Che però, salvo un’unica norma, non è stato preso in considerazione. Né da Renzi né da altri.
Anche Salvini la elogiava e la incontrava spesso: ora s’è opposto a qualunque modifica della Cartabia e propugna addirittura i referendum sulla giustizia. Come se lo spiega?
Mah, bisognerebbe chiederlo a Salvini.
Che idea si è fatto della competenza della ministra Cartabia?
Nessuna idea. Io so solo che non ha mai svolto la professione di avvocato, né quella di magistrato, ed essere giudice della Corte Costituzionale non ha nulla a che vedere con la celebrazione dei processi che facciamo tutti i giorni. Ma questo non conta: molti dei Guardasigilli degli ultimi anni non erano né avvocati, né magistrati. Tuttavia non posso che basarmi su quel che leggo e, da quel che leggo, la riforma Cartabia non porterà agli obiettivi dichiarati sulla carta. Quindi: o non si ha reale contezza della situazione, o l’obiettivo che si vuole raggiungere non è quello dichiarato.
La ministra, a Repubblica, ha dichiarato che la riforma attua il principio costituzionale di ragionevole durata del processo.
Un principio sacrosanto, un diritto inviolabile. Ma come si può pensare di attuarlo “tagliando” i processi? Ma lei crede che io non sarei ben più contento, da cittadino prima che da procuratore, che i processi arrivassero ad accertamento definitivo, di assoluzione o di condanna, in tempi rapidi? Ma quale operatore del diritto o cittadino non vorrebbe questo?
La ministra dice che l’impunità la creano i processi infiniti.
Su questo sono assolutamente d’accordo. Ma non sul fatto che l’improcedibilità ci darà sentenze definitive in tempi rapidi e giusti. L’unico effetto sarà di travolgere un enorme numero di sentenze di condanna, con tutto ciò che questo comporta anche sul piano general-preventivo.
Dice anche che i processi di mafia non rischiavano nemmeno col suo progetto originario, perché quelli con gli imputati detenuti hanno la precedenza.
I magistrati devono, perché lo impone il codice, rispettare dei termini nei processi con detenuti, che ora hanno pure una corsia prioritaria. Ma nel progetto originario, salvo quelli per stragi e omicidi, avevano la “tagliola” dopo 2 anni anche quelli. E poi gran parte dei processi di mafia sono a carico di imputati a piede libero. E così quasi tutti quelli “ordinari” ai “colletti bianchi”, agli imprenditori evasori, o per le morti sul lavoro: quelli, in base alla nuova normativa, non saranno prioritari e andranno in coda, quindi rischieranno di essere dichiarati improcedibili e le vittime di non avere giustizia.
La ministra dice pure che, nell’approntare la “riforma”, ha sempre ascoltato i magistrati.
Sarà vero, figuriamoci. Sicuramente non ha sentito i tanti che non la condividono. Intendiamoci: i magistrati non hanno alcun vantaggio o privilegio da difendere nell’opporsi alla riforma. Per i giudici di appello, e ancor di più per quelli in Cassazione, sarà molto più semplice chiudere i processi con l’“improcedibilità”, piuttosto che scrivere una sentenza di svariate pagine. Se ci opponiamo è solo perché abbiamo troppo rispetto per il nostro lavoro per restare in silenzio.
La Cartabia aggiunge che occorre un “diritto penale minimo” con pene alternative al carcere.
Detto in maniera così generica, non so cosa risponderle. Sicuramente, soprattutto per i tossicodipendenti – quota considerevole della popolazione carceraria – bisognerebbe realizzare più strutture terapeutiche: sono persone che vanno curate e aiutate, non rinchiuse. Vanno realizzate più REMS, più comunità per chi ha problemi psichiatrici, e se si tratta di reati minori certamente vanno favorite le pene alternative. Ma al contempo è necessario costruire nuove case circondariali e assumere altro personale penitenziario. Ma attenzione: non perché la mia aspirazione sia “riempire” le carceri; ma perché da un lato i detenuti devono poter espiare la detenzione, dal primo all’ultimo giorno, in maniera dignitosa; e dall’altro il sovraffollamento carcerario non può essere ogni volta la scusa per fare venire meno la certezza della pena. Il carcere di Bollate, che conta il minor numero di recidivi, non dev’essere l’eccezione, ma la regola. A tutti i detenuti va data la possibilità di lavorare, di imparare un mestiere, se necessario. Questo significa rieducare. Ma se non ci sono le strutture e il personale adeguato, è impossibile. In questo bisognava, e spero che almeno questo si faccia, investire parte dei fondi del Recovery per la giustizia.
Preferiva il dl Bonafede senza le aggiunte della Cartabia?
Preferivo che non venisse introdotta l’improcedibilità. Quindi sì, preferivo la riforma Bonafede. Ma le dirò di più: siccome questa è la peggiore riforma che ho mai visto, era meno peggio persino la vecchia prescrizione.
Quella di Berlusconi?
La ex Cirielli.
Lei su La7 ha dichiarato che la Cartabia è la peggior riforma che le sia capitata. Quali reazioni ha avuto?
Moltissime. La cosa che più mi ha colpito è che molti, soprattutto tra la gente che non appartiene al mio settore, ha bisogno di sapere che c’è qualcuno che si occupa degli ultimi. Ma gli ultimi sono tanti. Anche quelli che non hanno la forza di denunciare, o non conoscono i propri diritti, o pensano che le loro denunce non porteranno a nulla, o si sentono abbandonati e traditi. Per questi “ultimi” si potrebbe fare qualcosa, anche investendo denaro del Recovery.
Per esempio?
Per certe cose basterebbe poco, un po’ più di attenzione per recuperare credibilità. Un esempio concreto per farmi capire da tutti. Una persona che abita in Lombardia va in vacanza in Sicilia e viene rapinata o truffata o derubata. Se sporge denuncia e aiuta gli inquirenti a individuare il malfattore, quando dovrà andare a testimoniare dovrà anticipare le spese del biglietto aereo o ferroviario, poi fare una richiesta di rimborso riempiendo un modulo che dovrà richiedere, e solo dopo verrà rimborsato. Dopo mesi, se non anni. E se, come spesso avviene, non può tornare a casa in giornata, l’albergo se lo deve pagare a sue spese perché nessun rimborso gli è dovuto, nemmeno se è indigente. Ma le sembra accettabile trattare così una persona che fa il suo dovere di cittadino, prima di denunciare e poi di testimoniare al processo? E le pare possibile che un giovane interprete, che magari perde un’intera giornata in tribunale per una direttissima, poi venga pagato 30 euro, magari dopo mesi e mesi? Non crede che su questa, come su tante altre storture, si dovrebbe intervenire? Invece no. Voliamo alto e ci dimentichiamo dei piccoli, tanti problemi che allontanano i cittadini da noi.
Perché ha rinunciato a candidarsi a procuratore di Milano?
Anzitutto perché così posso restare ancora un po’ procuratore capo a Catanzaro, visto che nominare un capo a Milano è talmente urgente che il Csm dovrà necessariamente prendere una decisione in tempi brevi. Ma soprattutto perché, non potendo continuare a fare il procuratore in Calabria, che mai lascerei se potessi, ho deciso di puntare a un altro ufficio giudiziario, che credo rappresenti meglio il coronamento della mia carriera.
La Procura nazionale Antimafia?
Chissà…