Il colpo di spugna

Riforma della Giustizia, il grido delle associazioni: “Nessuna improcedibilità per il disastro ambientale”

Dal 2015 al 2020 sono 4.636 i procedimenti penali avviati dalle procure italiane per reati contro l'ambiente, ora con la tanto discussa riforma Cartabia molti processi rischiano di finire al macero. L'appello per  inserire queste violazioni nell'elenco dei procedimenti senza vincoli di scadenze

Di Legambiente
3 Agosto 2021

“Nessuna scadenza per il disastro ambientale”. A chiederlo nuovamente e a gran voce sono Legambiente, Libera, Gruppo Abele, WWF e Greenpeace che in questi giorni in merito alla tanto discussa riforma della giustizia hanno più volte lanciato un appello chiaro e diretto alla ministra della Giustizia Marta Cartabia e al premier Mario Draghi per chiedere che, accanto ai reati di mafia, terrorismo, violenza sessuale aggravata e traffico di stupefacenti, anche il disastro ambientale sia inserito nella lista di quelli per cui non scatta l’improcedibilità. Sarebbe una scelta di civiltà, fatta con la consapevolezza che ad essere in gioco sono l’ambiente in cui viviamo, la salute delle persone e la credibilità stessa della giustizia.

Un appello al momento rimasto inascoltato. Eppure i dati, raccolti ed elaborati dal Ministero della Giustizia e pubblicati ogni anno nel Rapporto Ecomafia di Legambiente, parlano chiaro: dal 2015 al 2020 sono 4.636 i procedimenti penali avviati dalle procure italiane (di cui 623 archiviati), con 12.733 persone denunciate e 3.989 ordinanze di custodia cautelare. Numeri e risultati che testimoniano un impegno straordinario delle Forze dell’ordine a fronte di reati di particolare complessità dal punto di vista giuridico e degli accertamenti tecnico-scientifici necessari per accertare quanto è accaduto, a cui già oggi è difficile fare fronte senza un potenziamento delle strutture dello Stato, a cominciare dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, delegate al sistema dei controlli, come richiesto a gran voce ma finora invano.

Questo straordinario lavoro senza la modifica dell’attuale testo del governo rischia di essere vanificato. “La storia del nostro Paese – spiegano le associazioni – è segnata da disastri ambientali che soltanto dopo l’introduzione nel Codice penale del delitto 452 quater sono oggi al centro di processi come quello sulla discarica Resit in Campania, che consentono alle popolazioni colpite di avere fiducia nella giustizia. O ancora, di tanti procedimenti ambientali aperti, a partire da quello sullo sversamento in mare e lungo le spiagge di milioni di dischetti di plastica, dopo il collasso di un depuratore. Per queste ragioni e per la complessità delle inchieste necessarie ad accertare la verità, chiediamo al governo di modificare il testo, che questa settimana approderà alla Camera”.

L’appello “Nessuna scadenza per il disastro ambientale” è stato lanciato da Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, Luigi Ciotti, presidente di Libera e del Gruppo Abele, Donatella Bianchi, presidente del WWF e Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, al governo Draghi e alla guardasigilli Marta Cartabia. All’appello sull’assoluta necessità di includere (alla pari dei reati per mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di stupefacenti) il disastro ambientale tra quelli per cui non scatta la mannaia dell’improcedibilità, è possibile aderire scrivendo alla mail segreteria@legambiente.it.

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