Il 9 agosto 2021 l’Intergonvernamental Panel for Climate Change (IPCC ) ha reso pubblica la prima parte del suo 6° Rapporto di Valutazione, la più aggiornata e completa rassegna scientifica sui cambiamenti climatici.
L’allarme che ne emerge è drammatico, riassumibile da un dato su tutti: la probabilità, superiore al 50%, che +1,5°C di riscaldamento globale venga raggiunto fra 10 anni, tracciando una prospettiva ben più grave di quanto stimato nel precedente Rapporto del 2018. Queste valutazioni dovranno necessariamente essere al centro del tavolo delle negoziazioni della Cop26, la Conferenza delle Parti ospitata a Glasgow dall’1 al 12 novembre e anticipata dalla fase preparatoria a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre.
Il Focal Point IPCC per l’Italia, punto di incontro tra l’IPCC, comunità scientifica e opinione pubblica nazionale, offre un quadro incontrovertibile e drammatico: le attività umane sono responsabili del riscaldamento medio di 1,1°C già raggiunto. I conseguenti cambiamenti climatici stanno già influenzando ogni regione della Terra. Gli eventi estremi che l’umanità sta subendo aumenteranno con un ulteriore incremento del riscaldamento.
La maggior parte dei cambiamenti a cui stiamo assistendo sono irreversibili. Il Report indica come per ricondurre e limitare l’innalzamento della temperatura media del Pianeta entro 1,5°C a fine secolo, dopo un temporaneo superamento, sia necessario ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni di CO2, metano e altri gas serra, e raggiungere emissioni nette di CO2 pari a zero entro metà secolo. Si tratta di una diminuzione di circa il 7% (simile a quella impostaci dai lockdown durante la pandemia) per ciascuno degli anni da oggi al 2050, finalizzata a rimanere entro il “budget di Carbonio residuo” che il Report indica di circa 500 Gton complessive. Senza queste azioni, limitare il riscaldamento a circa 1,5°C o addirittura 2°C sarà un obiettivo fuori da ogni portata, con conseguenze sugli estremi di calore che raggiungerebbero più spesso soglie di tolleranza critiche per l’agricoltura e la salute nonché sull’approvvigionamento idrico e alimentare a causa della siccità agricola ed ecologica, scatenando conseguenze inimagginabili sulle migrazioni climatiche.
A questo riguardo Extinction Rebellion ribadisce che tale percorso delineato come il minimo necessario per contenere l’aumento delle temperature a 1,5°C, con superamento solo temporaneo di questo valore, per quanto già non semplice, sia da ritenersi ancora insufficiente a limitare la gravità dei danni irreversibili al clima e agli ecosistemi, nonché assolutamente iniquo rispetto ai nostri figli e alle generazioni future, e chiede quindi con forza che le emissioni zero (assolute e non nette) siano raggiunte molto prima e che la riduzione nei prossimi, cruciali, anni, sia molto più drastica.
La Scienza si è espressa con grande chiarezza e compattezza sulle conseguenze apocalittiche dell’inazione. Strumenti e modelli di previsione degli eventi sono sempre più accurati e ci dicono che il 2021 è l’anno in cui l’umanità decide del proprio futuro e di quello dell’intero Pianeta. Il clima e gli ecosistemi di oggi sono figli delle scelte politiche passate: negli ultimi due anni abbiamo avuto alcuni assaggi dell’Apocalisse che ci attende (pandemia/sindemia, ‘heat dome’, inondazioni , incendi… ).
È necessario comprendere che l’emergenza climatica e ecologica è la più grande sfida che l’umanità abbia mai dovuto affrontare e che solo facendo pressione su chi governa e prende le decisioni avremo la possibilità di contenere i peggiori effetti di questa implosione.
Non possiamo più rinviare il momento di agire, piuttosto dobbiamo agire drasticamente ora. L’emergenza climatica e ecologica non riguarda la prossima generazione: è già tra noi. La nostra generazione è l’ultima che può ancora limitare i danni irreversibili e arrestare il collasso ecosistemico entro i 1,5°C.