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Mauro Canali, allievo di Renzo De Felice e uno dei più importanti storici del Fascismo, si è a lungo occupato di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce a cui il sottosegretario leghista Claudio Durigon vorrebbe intitolare un giardino a Latina, manco fosse ancora Littoria.
Professore, Arnaldo Mussolini passa per essere il fratello buono. È così?
È una memoria falsa, tramandata prima da Benito, che gli ha dedicato una biografia in cui ne ha fatto un santo, e poi dai fascisti. Nell’agiografia che Benito ha scritto sul fratello, morto prematuramente nel ’31, il duce ha mistificato moltissimi episodi, dai sospetti di corruzione alle infedeltà. Per dirne una: Arnaldo in pubblico era un moralista, tutto casa e chiesa, ma ha avuto per anni un’amante a cui comprò anche degli appartamenti.
Chi era allora Arnaldo Mussolini?
Non un agitatore da prima linea, ma un uomo che operava dietro le quinte. Attenzione però: Arnaldo si è assunto, pubblicamente, tutte le responsabilità del duce. Nel delitto Matteotti ha difeso a spada tratta il fratello, reclamando la sua estraneità all’omicidio pur sapendo che non era così. Uomini fedeli ad Arnaldo hanno avuto parte nel delitto: è il caso del direttore del Corriere italiano, Filippo Filippelli, che fornì l’auto ad Amerigo Dumini per sequestrare Matteotti e ucciderlo. Gli esecutori del delitto sono tutti ex arditi milanesi che operavano in città su indicazioni di Arnaldo.
Poi c’è l’increscioso affare della tangente pagata dagli americani, le cui prove si sarebbero trovate nella borsa di Matteotti.
Arnaldo, già prima della marcia su Roma, cercava fondi per Il popolo d’Italia. Lo Stato italiano stipulò una convenzione con l’americana Sinclair Oil per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi in Emilia e in Sicilia. Nell’affare erano coinvolti i principali gruppi finanziari di New York, tra cui la banca di Rockefeller, presidente e fondatore della Standard Oil, la società per cui operava in Italia la Sinclair. Per questo affare fu pagata una maxi-tangente ad Arnaldo, che poi depositò i soldi nelle casse del Popolo d’Italia.
Qualcuno ha detto che i soldi furono per finanziare il giornale, non per uso personale.
Già, ma Il popolo d’Italia era di proprietà della famiglia Mussolini! Del suo affarismo si parlò molto anche per la vicenda della costruzione della Stazione centrale di Milano, città in cui Arnaldo era un vero e proprio ras. Il capitale americano che servì per finanziare la stazione fu gestito direttamente da Arnaldo. Del resto fu lo stesso Farinacci ad accusare Arnaldo di corruzione. Ma c’è un altro aspetto importante e riguarda la fascistizzazione della stampa durante gli anni Venti. È Arnaldo il responsabile dell’acquisizione al regime di tutte le testate registrate in Italia, con le buone o con le cattive. Lui si definisce “il più destro tra i destri nel regime fascista”; di nuovo: è lui a coniare la frase “per il Fascismo chi tradisce perisce”. Altro che fratello buono, è il costruttore dello Stato totalitario.
Togliendosi i panni dello storico e indossando quelli del cittadino: che pensa di questa trovata di Durigon?
Credo ci sia un elemento speculativo legato ai rapporti interni al centro-destra, un modo per rivendicare la propria posizione da parte della Lega rispetto a Fratelli d’Italia. Ma c’è anche il desiderio di vellicare i sentimenti della città, Latina, che per altro nulla ha a che fare con Arnaldo Mussolini: questo è vergognoso. Se ci aggiungiamo il fatto che il giardino è intitolato a Falcone e Borsellino, il gesto fa accapponare la pelle. È una provocazione che è andata oltre.
Durigon si dovrebbe dimettere?
Draghi dovrebbe intervenire: o costringerlo a ritrattare o indurlo a dimettersi. Non è tollerabile che un membro del governo offenda così i valori etici fondanti della nostra democrazia. Credo che come membro del governo abbia giurato sulla Costituzione democratica e antifascista, quindi…
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