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“Non scegliere è immorale”, disse il primo ministro Draghi celebrando la festa nazionale del 25 aprile al museo di via Tasso, neanche quattro mesi fa. Una frase che prese in prestito da Emanuele Artom, intellettuale partigiano azionista torturato e ucciso dai fascisti nel 1944. Vale la pena di rileggere per intero quel passaggio del bel discorso di Draghi: “Non fummo tutti, noi italiani, ‘brava gente’. Dobbiamo ricordare che non scegliere è immorale, per usare le parole di Artom. Significa far morire, un’altra volta, chi mostrò coraggio davanti agli occupanti e ai loro alleati e sacrificò se stesso per consentirci di vivere in un Paese democratico”.
Parole che valgono anche per il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e rendono doppiamente oscena la sortita del sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon, che ha proposto di intitolare ad Arnaldo Mussolini il parco di Latina che oggi è dedicato agli eroi dell’antimafia. Ciò con la motivazione, ribadita di fronte all’indignazione generale, secondo cui sarebbe “nostro dovere considerare anche le radici della città”.
Nel goffo tentativo di contendere a Fratelli d’Italia l’eredità postfascista, un esponente del nostro governo rivendica quel passato ignominioso e calpesta le radici della Costituzione. Cito ancora il discorso di Draghi in via Tasso: “Constatiamo con preoccupazione l’appannarsi dei confini che la Storia ha tracciato fra democrazia e regimi autoritari, qualche volta perfino fra vittime e carnefici”.
Ebbene, se è vero che “non scegliere è immorale”, il presidente del Consiglio non può restare indifferente per mere ragioni di convenienza politica, di fronte all’Italia e all’Europa. Non ha bisogno di attendere il voto di sfiducia già preannunciato in Parlamento per estromettere Claudio Durigon dal governo della nostra Repubblica.
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