“Nel 2001 cosa ci siamo andati a fare? Ad addestrare militari che adesso davanti ai talebani sono fuggiti? È un inferno e noi ne siamo i responsabili: dovremmo essere terrorizzati da ciò che sta accadendo. Penso alle ragazzine che hanno studiato e che pagheranno per questo, a coloro che saranno costrette a indossare quell’orripilante velo. Io me la metterei in casa, una di quelle ragazze. L’Occidente non può stare con le mani in mano e invece vedo politici che da decenni non sono all’altezza del loro ruolo. Quelli che ci comandano sono ridicoli”. Letizia Battaglia, di professione e di missione fotografa, non è una donna dalle mezze misure, non conosce diplomazia; ha visto e documentato la paura, il dolore, la disperazione. Ma oggi, davanti alle immagini afgane, si lascia andare anche alla tenerezza: “A 86 anni non avrei mai voluto rivedere scene simili, avevo sperato, nel mio piccolo, che il mondo si aggiustasse”. Il 3 settembre sarà ospite del Festival della Mente di Sarzana: ancora oggi, nonostante qualche acciacco, non rinuncia agli incontri e ai workshop: “Così riverso la mia esperienza nei giovani”.
Letizia Battaglia, perché dispera tanto nella politica?
Perché non fa il suo dovere e sarebbe ora che il popolo lo capisse. Pensi alla Terra, ai mari, ai fiumi, al cibo che mangiamo: dovrebbero essere i primi pensieri di un politico. E invece vincono sempre gli interessi economici.
Eppure lei ha fatto esperienza diretta con la politica.
Ero assessora con il sindaco Leoluca Orlando, nella mia Palermo, ed è stato un periodo straordinario. Andavo in giro dalla mattina alla sera in cerca di soluzioni per quel mondo che è Palermo. Poi nel ’91 sono diventata deputata regionale e prendevo un sacco di soldi per non fare nulla.
E perché?
Gli uomini al governo mi avevano messo all’angolo.
È sempre colpa dei maschi?
Gli uomini danneggiano il modo di vivere in pace delle donne, ma io sono arrabbiata pure con le donne, vorrei che fossero fisicamente più attive. Dobbiamo essere più forti, più severe, più esigenti. Dobbiamo proteggere le altre dal comportamento di certi uomini.
Non le bastano i nuovi movimenti femministi?
Non li vedo proprio. Vedo solo parole, quelle che escono dai comunicati stampa delle associazioni. Neanche nei tempi in cui ci fu una presa di coscienza riuscimmo a ottenere un cambiamento. Abbiamo esasperato il maschio occidentale e quello orientale. Ma non mi rassegno, ed è l’unica arma che ho.
Sa di venir definita una “icona della fotografia”?
Mi stupisce il riconoscimento degli ultimi anni. Un tempo, nessuno apprezzava le mie foto. Oggi non mi interessa, ma mi piace che il mio lavoro serva ai ragazzi.
Comunista, antirazzista, antifascista e antimafia: queste parole, invece, le sente sue?
Mi sento comunista, senza fare riferimento a niente se non a un senso di giustizia sociale. Antimafia oggi… Ma com’è possibile che, dopo 120 anni, una setta pericolosa non sia ancora stata sconfitta? E questo nonostante il lavoro di meravigliosi magistrati.
Più volte è andata via da Palermo, sempre vi è tornata.
Potrei vivere dove voglio, ma Palermo è il sangue della mia vita. E sento che ha bisogno di me: può sembrare ridicolo, lo so, ma attraverso il Centro Internazionale di Fotografia posso dare qualcosa.
Ha immortalato mafiosi e omicidi: ha mai avuto paura?
La paura è un lusso che non ci si può permettere in una città così.
Però prova ancora gioia.
Amo la vita, sono affettuosa, allegra. Alla mia età non penso a quello che sarà, ma a quello che è e che mi piace. Non ho perduto il sogno di quella bambina che fotografavo con tanto amore. Sono io quella bambina, pur con tutte le esperienze della mia età. Vedo le mie coetanee che hanno perso interesse, le hanno fatte sentire vecchie. Ma la vecchiaia non è un peccato. Non permetto a nessuno di considerarmi menomata dagli anni.
Ormai basta un telefonino e tutti si sentono fotografi.
C’è molta ignoranza. Da quando l’era digitale ha reso la fotografia più facile, tutti si sentono autorizzati a scattare. Ma si fotografa quello che si vede, non quello che si interpreta. Ed è un errore che fanno addirittura i giornali.
Che ormai è raro abbiano dei fotografi.
Quelli che ci sono, vengono pagati 10/15 euro a scatto. Hanno bisogno di un secondo lavoro. Poi però sui giornali si vedono solo immagini di politici. Vogliono spegnare la fotografia come cultura, ma non ci riusciranno: la passione dei ragazzi è il nostro futuro.