L’estate sta finendo ma le storie di imprenditori disperati per la mancanza di manodopera in alberghi e ristoranti no, non conoscono tregua anche in questi ultimi scampoli di stagione. Così, continuano a fioccare pure i classici progetti di riforma del Reddito di cittadinanza, accusato di essere il colpevole di questa carenza perché – dicono – spingerebbe i giovani a preferire i sussidi al lavoro.
Si tratta di un luogo comune smentito da qualsiasi dato economico che abbiamo analizzato, ma ormai incrostato in una parte dell’opinione pubblica. Tanto che la scorsa settimana è tornata a parlarne la sottosegretaria leghista al Lavoro Tiziana Nisini, promettendo che il sostegno “andrà ripensato totalmente” e ha ripreso vita la proposta spot che, a quanto pare, è al vaglio del ministero: una norma che obblighi i beneficiari ad accettare anche un contratto di soli due mesi. Oggi, infatti, la legge punisce solo chi rifiuta offerte di almeno tre mesi, che prevedano la “faraonica” retribuzione minima di 858 euro al mese. In pratica, già attualmente ristoratori e albergatori avrebbero vita facile: basterebbe loro prospettare un’assunzione da giugno a settembre a meno di 900 euro per imporre ai percettori del Reddito di cittadinanza di dire sì. Dovrebbero però farlo tramite i centri per l’impiego, quindi attraverso una procedura trasparente e regolare. Ecco uno dei motivi per cui non lo fanno e con ogni probabilità continuerebbero a non farlo anche se la soglia venisse abbassata a due mesi. Quindi, nonostante chi lancia questa idea lo fa per accreditarsi di fronte al mondo delle imprese, la modifica non genererebbe alcun cambiamento nella pratica. La crociata di tutta la pattuglia confindustriale, con politici allegati, tende all’abolizione del Reddito di cittadinanza, visto come uno strumento che eleva – sebbene di poco – le rivendicazioni salariali dei lavoratori.
Ancora venerdì, Il Sole 24 Ore ha parlato di 100 mila addetti mancanti dando voce al direttore generale di Federalberghi, che si è lamentato del presunto “effetto Reddito di cittadinanza che insieme ad altre indennità molto spesso allontana il personale stagionale”. Poco più sotto, il giornale della Confindustria ha scritto che “ad alcuni datori di lavoro non è restato che pagare di più il personale”.
La difficoltà di reperire addetti del turismo viene segnalata da diversi anni, anche prima che arrivasse il Reddito, ma probabilmente la memoria è corta. Consultando i lavoratori, viene fuori che se di fuga si può parlare, è dovuta soprattutto alle scarse condizioni dell’offerta dell’impiego, non ai sussidi.
Intanto, alcuni dati meritano di essere citati. L’indice dei posti vacanti nelle imprese, considerando il settore dei servizi, nel secondo trimestre 2021 è rimasto stabile rispetto al pre-Covid o al massimo è aumentato di poco per i “servizi non di mercato”, dei quali non fa parte il turismo. Ma soprattutto, a smentire definitivamente il cosiddetto “effetto divano” del Reddito di cittadinanza è uno studio condotto in Toscana dall’Irpet, l’ente regionale per la programmazione economica, che ha notato come la quota delle giornate lavorate dei beneficiari non è diminuita con l’ammissione al sussidio statale, ma leggermente aumentata.
Roberto Rotunno