COVID E TRASPORTI, DOPO UN ANNO E MEZZO SIAMO AL PUNTO DI PARTENZA. “L’estensione del green pass a 12 mesi è un’ipotesi più che ragionevole”: in attesa della riunione di venerdì del Comitato tecnico scientifico, dalle colonne del Corriere della Sera lo stesso coordinatore del Cts, Franco Locatelli, ha aperto all’ipotesi avanzata dal ministero della Salute. Il problema maggiore, però, in questo momento ci sembra essere un altro. A pochi giorni dall’apertura delle scuole, sul piano dei trasporti non è stato fatto praticamente nulla. Eppure lo scorso anno, già nel pieno della pandemia da Covid, erano stati stanziati molti soldi per incrementare il numero di autobus e metropolitane ed evitare così gli assembramenti per gli studenti. Lo ha ribadito dal meeting di Rimini il ministro dei Trasporti, Enrico Giovannini: “Abbiamo già messo a disposizione 618 milioni di euro per il potenziamento dei mezzi nel secondo semestre, più 800 milioni per le eventuali perdite o costi aggiuntivi legate al Covid”. Eppure, ora che si chiede agli adolescenti di vaccinarsi in massa, vedremo che non si offrono loro le possibilità di un trasporto in sicurezza. A segnalare il problema, anche il presidente dell’associazione presidi di Puglia, Roberto Romito: “Dopo due anni di emergenza Covid, la scuola, per molti aspetti, sembra sempre allo stesso punto di partenza”. Sul Fatto di domani vedremo di chi sono le responsabilità di questo enorme ritardo. Oggi, in un incontro al ministero di viale Trastevere, i presidi hanno chiesto al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, di non essere lasciati soli. Sui dirigenti scolastici, ha sostenuto Attilio Fratta, presidente di DirigentiScuola, “non può gravare il controllo dei green pass di tutto il personale scolastico. Sarebbe necessario un affiancamento delle Asl, dei medici Inail e degli uffici regionali, affinché il rientro a scuola possa essere fatto in sicurezza e senza ulteriore caos”. Intanto, però, il Garante per la Privacy ha ribadito il proprio no alle liste dei lavoratori no-vax del mondo della scuola in mano ai presidi. Qui i dati odierni dei contagi.
LANDINI: AL GOVERNO DRAGHI NESSUNA CAMBIALE IN BIANCO. Il green pass è un tema che riguarda da vicino anche i sindacati, per le conseguenze sui luoghi di lavoro. Sul Fatto di domani ne parliamo con il segretario CGIL Maurizio Landini, che interviene anche sulla posizione del sindacato rispetto al governo Draghi e, come vedremo, rimanda al mittente la proposta di un patto sul modello Ciampi proposto da Enrico Letta ieri. Sempre in tema lavoro, oggi c’è stato il primo incontro tra parti sociali e ITA, la nuova compagnia che prenderà il posto di Alitalia. L’esito è uno stallo: i sindacati hanno confermato lo sciopero del trasporto aereo il 24 settembre e chiesto l’intervento del governo su una trattativa giudicata “in salita”, soprattutto sul fronte degli esuberi: “Noi ci occupiamo di 10500 lavoratori di Alitalia e non solo dei 2800 che ITA vuole assumere. Abbiamo chiesto l’intervento del governo perché servono risposte che ITA non può dare da sola”, ha dichiarato Fabrizio Cuscito di Filt Cgil. E poi torneremo ancora una volta a smentire le solite litanie sul Reddito di cittadinanza: ieri anche Salvini, come Renzi, ha evocato lo spettro del “lavoro è fatica”, dicendo che il Rdc “disabitua”. Ma i numeri della misura, prodotti da diversi istituti, dimostrano che questa è pura retorica.
QUANTO PESA LA POLTRONA DI DURIGON. Che sia diventata una questione scottante in casa Lega lo dimostrano le parole pronunciate oggi dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, durante il meeting di Cl: “Un membro del governo si dimette o perché lo chiede il presidente del Consiglio o perché glielo chiede il segretario del partito che lo ha indicato o perché glielo suggerisce la sua coscienza. Io non sono Claudio Durigon e quindi non lo so. Dovete chiedere a lui”. Di fatto noi sappiamo che ancora né Draghi né Salvini hanno avanzato formalmente la richiesta di passo indietro al sottosegretario che vorrebbe intitolare al fratello di Mussolini il parco di Latina. E se fino a ieri pomeriggio le dimissioni sembravano imminenti, in serata si è appreso che Durigon non ha per ora alcuna intenzione di lasciare. Evidentemente il suo peso politico (è lui che gestisce tutte le candidature nel Lazio, per esempio) non consente al leader della Lega di accompagnarlo alla porta senza un adeguato premio di consolazione. Sul giornale vedremo quali sono gli ultimi sviluppi di una vicenda che ormai imbarazza tutti, tranne l’interessato. E tranne il governatore friulano, Massimiliano Fedriga: “Pur non condividendo la proposta di Durigon, mi sembra eccessivo fare un mese di polemica su una frase detta ad un comizio”. Oggi LeU ha ribadito la volontà di presentare una mozione di sfiducia nel caso in cui la situazione non si risolva. La nostra petizione ha superato le 161mila firme: firma qui.
AFGHANISTAN, LA CORSA A EVACUARE E I GUAI DI BIDEN. Ormai la road map del ritiro è assodata: i militari stranieri dovranno lasciare Kabul entro il 31 agosto e tutti gli sforzi occidentali sono concentrati soltanto sull’evacuazione. Russia e Cina, invece, hanno avviato un coordinamento per assicurare, secondo le parole di Vladimir Putin, una “transizione graduale della situazione ”, mentre il ministro degli Esteri cinese ha detto oggi che “la Cina e i talebani hanno una comunicazione e consultazione fluida ed efficace”. Parlando al Bundestag, Angela Merkel ha ribadito la sua posizione favorevole al dialogo con i talebani: “Sono ora una realtà in Afghanistan. Il nostro obiettivo ora deve essere quello di mantenere il maggior numero possibile dei cambiamenti che abbiamo portato in quel Paese negli ultimi 20 anni”. Gli “studenti coranici” hanno fatto seguire i fatti alle dichiarazioni e hanno chiuso gli accessi all’aeroporto di Kabul per gli afghani: i gate est e nord risultano deserti per la priva volta da dieci giorni, e i mullah hanno detto che i voli civili riprenderanno “per chi ha i documenti in regola” dal 31 agosto. Secondo il New York Times sarebbero ancora 300 mila gli afghani in pericolo da evacuare. Sul Fatto di domani apriremo una finestra sulla situazione della capitale afghana con un’intervista a Gina Portella, anestesista di Emergency a Kabul. Ma soprattutto vedremo che la situazione dei profughi afghani che sono già fuggiti è tutt’altro che rosea, e aggravata dalla diversità di vedute tra i membri del G7 e dell’Unione europea. Andremo poi negli Stati Uniti, dove il presidente Joe Biden è sotto il fuoco di fila. Donald Trump lo ha attaccato dicendo che “ha mentito all’America e al mondo quando ci ha detto America is back. Invece si è arreso ai talebani e ha lasciato indietro cittadini americani a morire in Afghanistan. Sono i talebani a essere tornati, non l’America”, ma è proprio Trump durante la sua amministrazione ad aver finalizzato gli accordi di Doha tra Usa. In realtà, come vedremo sul giornale di domani, sia l’ex presidente che l’attuale hanno molto a più cuore la situazione interna degli States che la posizione internazionale, con le elezioni di midterm del 2022 che si avvicinano.
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Se il referendum cancella lo stalking. Il caso dell’omicidio di Vanessa Zappalà ha riportato l’attenzione sul reato di atti persecutori, che rischia di essere depotenziato da un quesito del Referendum promosso dai Radicali.
Lucha y siesta “bene comune”. La Regione Lazio si è aggiudicato l’immobile all’asta, salvando il centro antiviolenza dalla chiusura.
Eutanasia. Il Referendum per la legalizzazione ha superato 750 mila firme.
Paralimpiadi. I successi della squadra di nuoto italiana, che si è aggiudicata due ori, un argento e un bronzo, e le altre sfide del weekend.
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