Stavolta non si può chiamare in causa il reddito di cittadinanza. Il fenomeno è troppo ampio e la fonte non è tacciabile di populismo trattandosi di Le Monde.
Il giornale francese ha infatti pubblicato un dossier dal titolo inequivocabile: “In Europa, la grande penuria di mano d’opera”. Sulla base di interviste ai responsabili dei vari siti di offerta e richiesta di lavoro, a economisti in Gran Bretagna, Francia e Italia, il quotidiano d’Oltralpe descrive una situazione paradossale: “Ho dovuto aumentare il salario dei miei cinquanta autisti del 20%, solo per poterli tenere” dice il direttore inglese di un’impresa di logistica. Testimonianze analoghe in Francia e i casi di sproporzione tra offerta e domanda riguardano anche Germania, Paesi Bassi: non si trovano lavoratori qualificati, “ci arrivano troppi pochi curriculum”.
I casi riguardano la ristorazione, i trasporti, l’assistenza domiciliare, la sanità, la nettezza urbana, il commercio, l’informatica. Colpa della pandemia che ha stravolto i piani di vita dopo chiusure prolungate. Dell’aumento improvviso della richiesta di assunzioni, arrivate tutte insieme, che non corrisponde alle prospettive sulla fine della pandemia. Colpa anche della Brexit, in Gran Bretagna, con circa 1,2 milioni di lavoratori europei che se ne sono andati. Colpa dei salari e della ultra-flessibilità del lavoro.
Se c’è chi pensa che si tratti di un episodio passeggero, c’è chi prevede un fenomeno strutturale che riguarda la scomparsa di alcuni lavori e l’emersione di altri e che dipende dalla “penuria mondiale di lavoratori qualificati”. L’unico beneficio è il ritorno di un certo potere salariale dopo trent’anni. Una buona notizia.