Basta un tratto di penna del legislatore per mandare al macero intere biblioteche giuridiche. Questa famosa frase del giurista tedesco Von Kirchmann fu ricordata in occasione delle norme su misura che il governo Berlusconi emanò nel 2008 in favore dei capitani coraggiosi della nuova Alitalia-Cai e occorre ripeterla più forte oggi in relazione alle nuove norme “ad aziendam” introdotte in favore di Ita col decreto 99 di giugno.
Prima di esse il ruolo dei commissari di una grande impresa in crisi era indiscusso: tutelare i diritti dei titolari di crediti incagliati nell’insolvenza realizzando il più possibile dalla cessione dei compendi aziendali, mantenuti funzionanti nei loro processi produttivi e dunque preservati nel massimo valore possibile. Dopo le nuove norme non è più così. Infatti, ignorando che Alitalia non è una controllata del Tesoro, ma solo una gestione pubblica soggetta a regole autonome, il governo ha disposto il passaggio obbligato degli asset del ramo volo di Alitalia a Ita né più né meno che se stesso disponendo un riordino di partecipazioni statali. Con le nuove norme i commissari sono stati distolti dal servire Alitalia e i suoi creditori e posti invece al servizio del piano industriale di Ita, che è tuttavia una loro controparte, portatrice di interessi naturalmente divergenti. Tutto questo è stato giustificato con la motivazione che “è l’Europa che ce lo chiede”, avendo essa dato apparente imprimatur al piano industriale della newco. Tuttavia la decisione della Commissione Ue non è stata formalizzata in un provvedimento ufficiale ma solo preannunciata in una comfort letter di cui ha dato notizia solo Ita in un comunicato del 15 luglio. Sembra dunque che i commissari di Alitalia debbano applicare un set complesso di norme e cedere gli asset richiesti semplicemente in base alla parola del soggetto beneficiario delle medesime.
Perché la comfort letter non è stata pubblicata, nonostante anticipi una decisione formale dell’Ue alla quale sono subordinate per legge le azioni dei commissari? Contiene forse impegni italiani che non possono essere rivelati? Oppure, al contrario, non contiene richieste che è invece utile far credere che siano dettate dall’Europa? L’ipotesi più verosimile è la seconda, e in particolare che si tratti della rottamazione del personale di Alitalia, destinato a non passare in automatico a Ita con la cessione del ramo d’azienda del volo ma obbligato a far domanda ex novo alla newco. Se si rileggono a ritroso tutti i documenti che sono stati pubblicati, questa teoria trova conferma dato che non risulta che l’Unione abbia mai posto veti né formulato rilievi sul passaggio diretto del personale volo da Alitalia a Ita.
Nella famosa lettera con le 108 osservazioni dell’8 gennaio 2021 si limitava su questo tema a chiedere: “Si comprende (dal piano industriale di Ita, ndr) che questo personale transiterà dall’Alitalia attuale. Si prega di confermare. Si prega di spiegare su quali basi, con quale tipo di accordo e a quali condizioni il personale di Alitalia preso da Ita nel 2021 sarà assunto”. Dunque nessun divieto e nessuna riserva, solo una richiesta di informazioni. In maniera simile l’8 luglio Margrethe Vestager dichiarava: “Qualsiasi nuova azienda dovrà assumere dipendenti, da dove arrivano non è necessariamente qualcosa che implica continuità”. È stato invece il Mef a guida Gualtieri a fare da solo, o ad accogliere dalla controllata Ita, la scelta della rottamazione del personale di Alitalia. Infatti nella risposta alla precedente lettera dell’Ue, inviata alla fine del mese di gennaio, si legge: “Non si verificheranno trasferimenti automatici di personale e contratti di lavoro da Alitalia a Ita”, il personale “potrà essere selezionato sul mercato”.
Evidentemente né Ita né il Tesoro si ricordavano in quel momento le norme vigenti in Italia secondo cui chi si compra un ramo d’azienda deve prendersi anche il relativo personale. O in alternativa, se sceglie di selezionare i dipendenti sul mercato, si deve cercare sul mercato anche i singoli asset che gli servono e non li può chiedere, denudati del personale, ai commissari dell’amministrazione straordinaria. Non imputiamo a Bruxelles scelte solo nostre, discutibili e che si tenta di introdurre in aperto contrasto con le leggi vigenti.