Quando arrivi nell’ospedale di Medici Senza Frontiere di Kenema, in Sierra Leone, ti colpisce il silenzio.
Quello di Kenema non è un ospedale qualunque. I generatori di elettricità che dovrebbero fornire energia a questo ospedale specializzato in cure materno-infantili, tacciono durante il giorno, un silenzio niente affatto scontato in un contesto isolato come quello di Kenema e reso possibile dai 2.100 pannelli fotovoltaici, installati lo scorso febbraio, sui tetti degli edifici medici e sul terreno circostante all’ospedale, e che producono circa il 60% di tutta l’energia elettrica necessaria al suo funzionamento. Ma cosa c’è di tanto eccezionale in questo?
Come operatori umanitari di MSF, abbiamo toccato con mano più volte le difficoltà nell’ assicurare il buon funzionamento delle attrezzature mediche in zone isolate (come, per l’appunto, quella di Kenema), dove non è facile avere a disposizione acqua potabile o energia elettrica e dove l’approvvigionamento di qualsiasi farmaco o materiale necessario a curare i pazienti è molto complicato, perché dipende dalle condizioni delle strade, dal tempo atmosferico e dalla disponibilità di carburante.
Molto spesso non possiamo contare su un acquedotto cittadino o una rete di distribuzione dell’energia elettrica, per cui dobbiamo provvedere noi stessi a depurare l’acqua e i reflui delle nostre cliniche, e produrre tutta l’energia elettrica necessaria attraverso dei grossi generatori che fanno funzionare ospedali e ambulatori. L’ospedale di Kenema è l’apripista di un nuovo modello di assistenza umanitaria in Paesi a basse risorse che pone come centrale, insieme all’intervento medico, la tutela ambientale.
La costruzione è iniziata nel 2018, e nel 2019 l’ospedale ha accolto il primo paziente: in questi anni lo abbiamo visto crescere e trasformarsi sotto i nostri occhi, fino a contare 87 posti letto in pediatria e un pronto soccorso – altri 46 si aggiungeranno nel reparto maternità entro il 2022.
Tutta l’energia necessaria a far funzionare il reparto di terapia intensiva pediatrica, le sale operatorie, la cucina e la lavanderia, solo per citare i servizi che consumano di più, è quindi prodotta attraverso l’energia solare, permettendo un grande risparmio di carburante e riducendo notevolmente l’impatto ambientale di un ospedale per donne e bambini in un Paese in cui la mortalità materno-infantile è tra le più alte al mondo. Per tradurlo in numeri, abbiamo stimato che in dieci anni riusciremo ad abbattere 1.500 tonnellate di CO2 e a risparmiare fino a 300 litri di gasolio al giorno.
I reflui prodotti dall’ospedale, potenzialmente pericolosi per la popolazione e per l’ambiente, in quanto provenienti da una struttura sanitaria dotata anche di un reparto di isolamento per le malattie infettive e di un laboratorio interno, vengono depurati in un reattore biologico cui segue una disinfezione a raggi UV in modo da non arrecare danni a nessuno.
Il progetto di Kenema si inserisce nell’ambito di un’ampia revisione di tutti gli interventi medici di MSF volta a garantire lo stesso livello di assistenza e cura in modo rapido ed efficace ma con un ridotto impatto sull’ambiente. Come medici abbiamo il dovere di curare, ma anche di preservare la salute dei nostri pazienti, obiettivo sempre più sfidante in un Pianeta stravolto dagli effetti dei cambiamenti climatici, che oltre ad avere conseguenze dirette sulla salute dell’uomo (come nel caso di inondazioni, cicloni, alluvioni sempre più frequenti e violenti) contribuisce a peggiorare le crisi umanitarie già esistenti.
Data la natura emergenziale di MSF nel rispondere a guerre, disastri naturali, epidemie e altre crisi in 88 Paesi di tutto il mondo, non è sempre facile conciliare il nostro intervento con la tutela dell’ambiente, ma sappiamo che si tratta di una scelta doverosa e non più rinviabile. Per questo speriamo che l’ospedale materno-infantile di Kenema sia solo il primo passo di un lungo percorso in questa direzione.