Tra due giorni, mercoledì 29 settembre, Silvio Berlusconi festeggerà 85 anni (auguri). La sua senescenza è come scissa in due. Da un lato, la diserzione a causa della salute (?) delle udienze giudiziarie che lo riguardano. Dall’altro un’intensa attività epistolare con i giornali, a puntellare la sua autocandidatura al Colle, che però rientra decisamente nella categoria dell’irrealtà.
In pratica, il Pregiudicato pluriottuagenario non compare mai in pubblico – anche in questa campagna elettorale – e preferisce piuttosto affidare i suoi pensierini retorici a lettere spedite ai quotidiani. L’ultima è uscita ieri sul Giornale di famiglia, ma l’oggetto di questa rubrica è la missiva apparsa sabato su Avvenire, il quotidiano della Cei. Tramontati ormai i tempi di quando la Chiesa italiana del cardinale Tarcisio Bertone tollerava la satiriasi di B. grazie alle genuflessioni penitenziali di Gianni Letta, l’anziano leader di Forza Italia si professa cristiano e liberale e rispolvera il vecchio repertorio teocon sulle radici religiose dell’Europa, sul primato dei valori non negoziabili (la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale), sulla necessità fermare l’immigrazione con una sorta di Piano Marshall per l’Africa.
Lo spunto della lettera di B. è la partecipazione del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, al recente Bureau del Ppe a Roma. In sintesi: Berlusconi si proclama un clericale di destra come Matteo Salvini e Giorgia Meloni ma non rinuncia a un’improbabile formulazione di princìpi liberali, laddove i teocon si avventurano sul sentiero strettissimo in cui si scontrano lo storicismo crociano e la dottrina della Chiesa.
Dettaglio non secondario: il Pregiudicato non cita mai papa Francesco. Pure B. allora – e sempre come la coppia sovranista Meloni & Salvini – si riconosce ancora nel pontefice emerito Benedetto XVI. Osannato appunto per il suo liberalismo cristiano: “Sono trascorsi esattamente dieci anni dal 22 settembre 2011, quando papa Benedetto XVI tenne un bellissimo discorso al Parlamento tedesco su quelli che lui stesso definì ‘i fondamenti dello Stato liberale di diritto’”.
Del resto proprio Francesco ha più volte rimarcato la sua ostilità al liberalismo delle destre, europee e no. Nell’enciclica Fratelli Tutti di un anno fa, per esempio, il papa argentino oppose alle “visioni liberali individualistiche” ossessionate dal profitto e dalla riduzione dei costi del lavoro, una politica “popolare” che si prenda cura dei più deboli. Ossia una società in cui l’individuo è subordinato all’unità del popolo (il pueblo) e la giustizia sociale viene prima di tutto. In un saggio recente, lo studioso Loris Zanatta ha definito tutto questo come “populismo gesuita”.
I migranti, infine. Nella sua lettera ad Avvenire, Berlusconi attacca le “ondate incontrollate e disperate che si rovesciano sulle nostre coste, che generano solo tensioni e guerre tra poveri”. Secca e pragmatica la risposta del direttore Marco Tarquinio: “Oso solo suggerirle di contribuire a schierare il Ppe per ampi corridoi umanitari europei e, da noi, Forza Italia per flussi migratori alla luce del sole, cioè regolati, controllati e finalmente sottratti ai trafficanti di persone”.