Non ha torto Giorgia Meloni quando chiede, e si chiede, come sia stato possibile che personaggi arcinoti dello squadrismo (fascista: parola che tuttavia lei non pronuncia) siano stati lasciati liberi di scatenare la guerriglia a due passi da Palazzo Chigi. A cominciare dal picchiatore Giuliano Castellino, sorvegliato speciale per ordine della magistratura, uno che, a rigor di logica, l’Antiterrosimo del Viminale non avrebbe dovuto perdere d’occhio neppure per un secondo, e invece. Lo spiegherà in Parlamento quanto prima il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese cancellando, si spera, un inquietante sospetto molto in voga negli anni della strategia della tensione. Che se certi arnesi si danno da fare per danneggiare chi non è “in linea”, qualcuno, lassù, faccia finta di non vedere, o peggio.
Perciò, come ai tempi degli anni di piombo, Meloni farebbe bene a mobilitare FdI in un’opera di bonifica di quelle pozzanghere anche profonde alla sua destra dove alligna il peggio del peggio della sovversione nazifascista. Un micidiale potenziale esplosivo che, oltre a dedicarsi alla devastazione della Cgil, nella strategia di attacco ai simboli repubblicani (che, si minaccia, riprenderà venerdì 15 ottobre con l’entrata in vigore del maxi Green pass) finisce per danneggiare la destra parlamentare, e proprio alla vigilia dei ballottaggi a Roma e a Torino. Solo effetti collaterali?
Visto che la destra sovranista non ce la fa proprio a dichiararsi antifascista proceda almeno per autodifesa contro Forza Nuova, CasaPound e le altre casematte nere. Come, durante la stagione del terrorismo, cercò di fare il missino Giorgio Almirante denunciando all’autorità giudiziaria le frange nere degli stragisti bombaroli. In parallelo con Enrico Berlinguer che, sul fronte opposto, non esitò a trasformare il Pci nel nemico mortale dei brigatisti rossi e dei gruppetti alla sua sinistra che flirtavano con gli assassini (i “compagni che sbagliano”). Sì, c’è un “album di famiglia” anche a destra di cui la leader di FdI farebbe bene a liberarsi sollecitamente.
Attenzione però a non confondere i caporioni fascisti con le piazze gremite di persone, ivi convenute non per partecipare ai disordini ma per esprimere un forte disagio, giusto o sbagliato. Rabbia e smarrimento che si preferisce chiamare sbrigativamente No vax o No pass, ma che sono il sintomo di una malattia sociale molto più profonda e diffusa di quanto si creda. Un virus della democrazia che il governo Draghi farebbe male, malissimo a trattare come un problema di ordine pubblico e basta.