Quando Matteo Salvini, suonato come un tamburo da uno storico cinque, sei, sette a zero, prova a consolarsi con il fatto che i sindaci del centrosinistra sono stati eletti dalla minoranza di una minoranza dice una cosa vera. Però, dovrebbe nel contempo domandarsi dove diavolo sia finita la baldanzosa maggioranza della maggioranza di centrodestra di cui anche Giorgia Meloni menava vanto immaginando l’imminente presa di Palazzo Chigi.
Perché hai voglia ad accusare la stampa gaglioffa (Salvini), la “criminalizzazione della destra” (Meloni), il destino cinico e baro e l’invasione delle cavallette quando il tuo popolo preferisce andare al mare o ai giardinetti piuttosto che scomodarsi a votare per Enrico Michetti (Roma), o per Paolo Damilano (Torino). Voti scomparsi perfino quelli su cui contava il candidato lumbard di Varese, battuto pure lui malgrado i ripetuti viaggi in città dell’ex capitano (o proprio per questo).
Sul boom dell’astensione dovrebbero seriamente riflettere anche tutti coloro – a cominciare dall’Informazione Unica dei Migliori – che da ieri sera girano per le tv versando calde lacrime sulla crisi della democrazia rappresentativa, e dove finiremo di questo passo signora mia. Facendo finta di non ricordare la campagna di annientamento politico del M5S a cui si sono diligentemente applicati in questi anni. Per esempio bombardando senza sosta le sindache Raggi e Appendino, trattate come abusive se non come nemiche assolute (sì, proprio due donne, come dimenticano le donne che ora si stracciano le vesti per l’assenza di donne sindaco).
La loro colpa? Aver polarizzato sui loro nomi una speranza di cambiamento, giusta o sbagliata che fosse, di milioni di cittadini. Molti dei quali disorientati, disillusi e anche delusi nelle aspettative (vedi Roma) hanno preferito disertare le urne. E così il tentativo di incanalare la protesta attraverso il Movimento nelle istituzioni è stato in larga parte vanificato. Come dimostrano le piazze di Trieste, Roma, Milano invase da un popolo disordinato, disorientato, disilluso e anche deluso che privo di un riferimento politico credibile si offre al primo squadrista che passa. Bel risultato davvero.