MANOVRA: IL TAGLIO DELLE TASSE DIVISO TRA LAVORATORI E IMPRESE. 94 pagine, 185 articoli e 30 miliardi, così è strutturata la legge di bilancio che il Consiglio dei Ministri ha varato oggi. Si va dal prolungamento della cassa integrazione per i dipendenti Alitalia all’allargamento del fondo per l’acquisto di vaccini anti-Covid. Tra le misure più attese c’è quella sulle pensioni. Come annunciato, finisce Quota 100 e arriva il contentino di Quota 102 (64 anni di età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva) solo per l’anno prossimo. Poi si torna a quello che c’era prima, cioè la Fornero, con la promessa di “aprire un tavolo” per un’altra riforma (vedremo). Il superbonus al 110% sarà prorogato al 2023 e poi andrà a scomparire progressivamente entro il 2025. E poi si scopre anche che il fondo di 8 miliardi accantonato per abbassare le tasse sul lavoro andrà diviso tra lavoratori e imprese: suona un regalo a Confindustria, anche se le norme restano da definire in Parlamento. Sul Fatto di domani vedremo nel dettaglio cosa è entrato in manovra e cosa no. Tra gli altri elementi degni di nota c’è il fatto che l’istituto previdenziale dei giornalisti passa all’Inps. Intanto, contro la manovra la Fiom ha deciso un pacchetto di 8 ore di sciopero, in data da stabilire. Qui il testo integrale della bozza della manovra (in pdf).
REDDITO DI CITTADINANZA, ARRIVANO LE AGENZIE PRIVATE. Oltre alle pensioni, l’altro capitolo rilevante della manovra è quello del Reddito di cittadinanza. La misura viene rifinanziata con 1 miliardo di euro all’anno fino al 2029 e, secondo il governo, viene “rafforzata”. Le modifiche sono quelle proposte dal M5s, afferma la viceministra dell’economia Laura Castelli: maggiori controlli in fase preventiva per prevenire gli abusi, procedure semplificate. I beneficiari del Reddito di cittadinanza saranno tenuti ad accettare almeno una di due offerte (e non più tre, com’è ora), pena la perdita del sussidio. Tutto ciò, si dice, è per dare “una maggiore motivazione ad accettare le proposte”. Ma la novità è che nella parte delle politiche attive entreranno le agenzie private, che quindi andranno ad affiancare i centri per l’impiego e i navigator. Come vedremo sul giornale di domani, questo rischia di cambiare sostanzialmente il volto della misura anti-povertà. Il M5S ha incassato, invece, l’abolizione del cashback.
ULIVO SPEZZATO: E LETTA SCOPRÌ CHE RENZI GUARDA A DESTRA. Dopo l’affossamento del ddl Zan in Senato, le associazioni per i diritti Lgbt+ hanno protestato ieri a Napoli, oggi a Roma e Milano. Nel frattempo in Parlamento rimbalzano, da una parte, i dileggi della destra, che sostiene che a uccidere il disegno di legge è stata “l’arroganza della sinistra”, non i franchi tiratori. E tra centro e sinistra si rimbalzano le accuse tra Pd e Italia Viva. Enrico Letta adesso riconosce che è stata consumata una “spaccatura”. Sembra essersi accorto che Italia Viva guarda a destra. In realtà, pare che qualche franco tiratore ci sia stato anche nel suo partito. Così, un altro effetto secondario del voto sul ddl Zan, oltre ad avere palesato una possibile maggioranza per il Quirinale, è di aver “spezzato” il progetto di Ulivo allargato che Letta ha provato a cavalcare (senza grandi effetti) dopo il risultato delle amministrative. Sul Fatto di domani vedremo anche come viene interpretata la rottura renziana nell’altro lato dell’alleanza giallorosa, con un’intervista a Paola Taverna. Comunque secondo gli ultimi sondaggi il Pd tallona Fratelli d’Italia in testa alle preferenze di voto, sopra il 20%.
IL VERTICE TRA SALVINI E B., PENSANDO A MELONI. Nella residenza romana di Berlusconi si sono incontrati i sei ministri di centrodestra della maggioranza Draghi. Con loro c’erano anche i leader di Lega e Forza Italia. Oltre alle foto amene, la riunione sembra essersi conclusa con l’impegno a lavorare già alle candidature per le amministrative (visto il disastro delle ultime) e a trovare una “strategia comune sul Quirinale”. Berlusconi gongola. Il convitato di pietra era Giorgia Meloni: alla riunione formalmente non poteva esserci, perché è all’opposizione, ma a lei fanno riferimento le dichiarazioni sulla coalizione. Tanto che la stessa Meloni oggi ha esplicitamente dichiarato che sosterrà B. al Quirinale. Almeno in prima battuta, dicono tutti. Perché il leader di Forza Italia sembra tanto il nome “da bruciare”. E visto anche il ritorno di una certa aria di ritorno al passato, di centrodestra, sul Fatto di domani, parleremo anche con una vecchia guardia come Totò Cuffaro.
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Sudan. Il colpo di Stato di qualche giorno fa nel Paese è tutt’altro che circoscritto al piano nazionale.
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