Ammettiamolo: noi con i budini Elah ci siamo cresciute. Soprattutto da adolescenti, quando veniva a trovarci la compagna di banco e noi, per sentirci grandi, decidevamo di “cucinare” il budino al cioccolato o la panna cotta (si fa per dire, appunto: bastava quasi aprire la busta preconfezionata). Oppure quando si trattava di fregare di nascosto le caramelle “toffè” a quel fratello piccolo che amava le “schifezze”, ovvero tutto ciò che fa cariare i denti e contiene zuccheri non proprio della frutta. Correvano gli anni Ottanta e, se il mondo aveva da poco salutato i movimenti femministi, l’Italia era ancora alle dipendenze de Il pranzo è servito, M’ama non m’ama e soprattutto Colpo Grosso (superato dal Drive In, che per sempre ha condizionato il nostro immaginario femminile).
L’industria dolciaria Elah ha origini antiche. Leggiamo dal sito dell’azienda, che detiene anche i marchi Dufour e Novi: “Nasce nel 1909 a Genova Pegli da un’idea di Francesco Ferdinando Moliè, geniale inventore dei preparati per creme da tavola, di cui nel 1908 aveva depositato il brevetto. Moliè ideò anche un logo raffigurante una donna in costume antico in atto di servire un dolce: questo logo svetta ancora oggi sui pack”. Ed è anche una storia di solidarietà e attaccamento: “Nel 1915 la guerra ha colpito il Paese, ma lo spirito cooperativo e umano dei soci consente di trattenere legati alla fabbrica i dipendenti chiamati alle armi, corrispondendo il 50% del salario agli ammogliati e 1/3 agli scapoli”. Nel 1950 Elah vanta addirittura una partecipazione al Festival di Sanremo, attraverso una dipendente, la ventenne Tonina Torrielli, la “caramellaia di Novi Ligure”, alla quale verrà dedicata proprio una caramella.
Ma sono i primi spot televisivi a fare oggi un po’ di impressione: “Accadrà in futuro”, per esempio, andato in onda nel 1959, si rivolgeva ovviamente alle “signore” prefigurando giorni di riscatto rispetto ai dispotici mariti che russano o monopolizzano la televisione. Girl power e profezia avverata? Mica tanto, a guardare gli spot di oggi.
L’ultimo, martellante fino all’esaurimento, vede una donna (anzi, una mamma) al supermercato a fare la spesa (strano) e la sua figlioletta (di sesso femminile, onde tramandare la tradizione) incantata davanti allo scaffale dei prodotti Elah. “E quale vorresti?”, le chiede la madre. Risposta: “Tutti!” (negli anni Cinquanta, pardon Venti, del boom economico mica si devono subire ristrettezze rispetto al consumismo). Risposta che si ripete una volta a casa, e dopo che la donna ha servito una torta a marito e figlia (proprio come nel logo ideato oltre cent’anni fa): merenda tra amichetti, unica adulta la madre (il padre starà lavorando per mantenere la famiglia, presumiamo) che porta in tavola “tutti” i budini.
Ecco, caro signor Elah, noi amiamo le sue caramelle anche se lo zucchero fa cariare i denti. Ci chiediamo solo se questa maledetta carie sessista che ci portiamo addosso da oltre un secolo potrà essere, prima o poi, estirpata.