Sfascistoni è anzitutto “un manuale antifascista”. Una scelta di campo, una rivendicazione dei valori antifascisti su cui si fonda la nostra splendida e ferita Repubblica. Una dichiarazione d’appartenenza e, al tempo stesso, un esercizio della memoria. Anzitutto quella storica, che in Italia – quando va bene – dura come quella dei pesciolini rossi: quelli morti, però. L’idea di Sfascistoni è nata in estate con quei “banditi” di Marco Lillo e Alessandro Zardetto, colonne portanti della Paper First. Avvertivo, e avvertivamo, l’urgenza di una fotografia nitida e impietosa della destra attuale. Non solo Salvini, sempre più politicamente postumo di se stesso, ma anche – soprattutto? – Meloni, Fratelli d’Italia e destra (ancor più) estrema. In tutta onestà non credevamo che questo libro si sarebbe di lì a poco rivelato così dannatamente attuale. L’inchiesta meritoria di Fanpage, che ovviamente nel libro c’è, è arrivata mentre ultimavo Sfascistoni. Come pure l’assalto criminale della Cgil di Roma. Il rischio di un ritorno del fascismo è concreto. Non alludo certo al fascismo con fez e camicia nera, anche se dentro il libro incontrerete non pochi nostalgici che immaginano come aperitivo per gli avversari politici null’altro che olio di ricino on the rocks. Penso a qualcosa di più subdolo: lo sdoganamento della violenza, la sospensione della condanna del fascismo e l’equiparazione acritica tra “destra” e “sinistra”, volta non certo a cercare giustizia storica quanto a elemosinare un’assoluzione posticcia dell’estrema destra. Viviamo nel regno dell’ignoranza e del benaltrismo, come ben sa chi vive (pure troppo come me) anche sui social. Molti parlano di fascismo senza saperne nulla e, se gli ricordi anche solo due o tre porcate commesse dal pelato criminale che scappò con l’amante travestito da tedesco e fingendosi pure ubriaco per fuggire ai partigiani, cominciano a balbettare slogan vuoti tipo: “E allora i comunisti?”. Appunto: ignoranza e benaltrismo. L’asticella della memoria storica si abbassa (ulteriormente!) e con lei quelle della coscienza civile e del livello minimo di indignazione. Tutto ciò che fino a ieri pareva inaccettabile diviene di colpo tollerabile: un saluto romano, un insulto razzista, una rivalutazione postuma di un macellaio della Decima Mas. Sono tempi cupi, e chi dice che “la destra estrema ha solo lo zero virgola tre”, derubricandola con ciò a fenomeno marginale, lo fa ben sapendo che quella percentuale è così bassa perché larga parte dell’elettorato di estrema destra vota Lega e Fratelli d’Italia. Non sto dicendo, né mai dirò, che Salvini e Meloni siano fascisti: non lo sono. Dico e scrivo (anche nel libro) una cosa diversa: che entrambi si guardano bene dal recidere sino in fondo il cordone ombelicale col fascismo, perché l’ambiguità fa loro gioco. E porta loro consenso. Oltretutto, e questo vale soprattutto per la Meloni, se Donna Giorgia si mettesse sul serio (e non ogni tanto o solo quando costretta) ad allontanare tutti i nostalgici del vigliacco pelato, rischierebbe di restare sola o quasi. Non tutti gli elettori di Lega e FdI sono fascisti: proprio no. Ma tutti i fascisti, se votano, scelgono nove volte su dieci Lega o FdI. E questo aspetto, che nel libro credo di documentare sin troppo esplicitamente, qualcosa vorrà pur dire. Sfascistoni è un libro che piacerà ai tanti tra voi che hanno amato Renzusconi, Il cazzaro verde e I cazzari del virus. La componente satirica c’è sempre, perché io so scrivere (se so scrivere) solo così. Detesto annoiare e rubare tempo a me stesso, figuriamoci a voi lettori e spettatori. Al tempo stesso, e la bella copertina di Lorenzo Sansonetti lo mostra con efficacia, Sfascistoni è un libro più arrabbiato degli altri. La dico meglio: Sfascistoni è più incazzato dei suoi predecessori, perché lo sono anch’io. Vi leggo e vi ascolto: siete arrabbiati e impauriti, smarriti e senza punti di riferimento. Vi somiglio anche in questo, come vi somiglia Il Fatto. Sfascistoni è dunque un j’accuse: un gridare “basta” ai troppi figuri equivoci che albergano in queste nuove pagine. Capisco che, come insegnava Gaber, “la politica è schifosa e fa male alla pelle”, ma non c’è bisogno ogni volta di dimostrarlo così bene! Nella parte finale del libro arriva però la metaforica “chiamata alle armi”: un invito a resistere e fare squadra, con tanto di “decalogo per il buon antifascista”. Ed è qui che Sfascistoni diviene pienamente “manuale di resistenza a tutte le destre”. Un libro che vi farà sentire – spero! – un po’ meno soli. Regalatelo a chi la pensa come voi, ma regalate pure una copia a chi vota Salvini e Meloni: magari cambierà idea. Esibitelo sul comodino e sui social, come orgogliosa carta d’identità antifascista. Del resto, come insegnava Sandro Pertini (che non a caso apre il libro): “Il fascismo non è un’opinione. È un crimine”. Guai a dimenticarlo. Buona lettura. E sempre grazie di tutto.
Ignoranti, benaltristi e X Mas: la carica degli “Sfascistoni” nel nuovo libro di Andrea Scanzi
Da oggi - Il nuovo libro di Scanzi