Per me che non sono una giornalista, scrivere un pezzo per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne è particolarmente difficile. Non ho mai amato le giornate contro le violenze o a favore di cose belle. Perché penso che tutte le giornate dovrebbero essere contro le ingiustizie e a favore di ciò che è giusto festeggiare. Però alla fine è importante che ci siano giornate come questa, perché tengono le menti accese e possono essere di grande aiuto soprattutto nelle scuole, là dove ci sono i piccoli che domani saranno adulti. I processi educativi e culturali richiedono tempo e dedizione, ma sono fondamentalmente l’unica salvezza per sperare di avere un giorno persone migliori.
Faccio fatica a essere lucida quando praticamente ogni giorno leggo di brutali femminicidi, spesso peraltro accompagnati da violenze sui bambini. Talmente è alta la ferocia sulla donna che le si uccidono anche i figli. A volte vengono uccisi “soltanto” i figli, ma anche quelli alla fine sono femminicidi. Perché se uccidi i figli a una madre hai ammazzato anche lei; anzi, la tieni in vita con una tortura addosso che non finirà mai. La strage di Sassuolo accaduta nei giorni scorsi va al di là di ogni immaginazione. Due donne e due bambini, uno di cinque anni e l’altro di due: tutti accoltellati, e purtroppo mi viene da pensare “meno male che si è ucciso anche lui”. Mi dispiace, certamente non sarà un approccio cristiano il mio, ma quante volte leggendo queste notizie viene da pensare che queste bestiacce hanno perlomeno, talvolta, il coraggio di ammazzarsi e quante volte viene da domandarsi “ma perché non si ammazzano, senza uccidere nessuno se non se stessi?”.
La rabbia mi porta a pensare e a dire cose sconvenienti. Perché la violenza non si combatte e non si vince con la rabbia. Allora in questa giornata ho deciso di pensare veramente “rosa” e a tutte quelle iniziative che mirano a migliorare le cose e danno supporto alle tante associazioni che svolgono un lavoro importantissimo per aiutare le donne che fuggono dalle violenze tra le mura domestiche, spesso anche per retaggi culturali e religiosi come nel caso Saman. Noi, con la Fondazione Umanitaria il Fatto Quotidiano, partita da pochissimo, per iniziare stiamo aiutando Trama di terre, un’associazione di Imola che si occupa proprio di aiutare le donne in fuga per salvarsi e per cercare faticosamente di ricominciare a vivere con le proprie ambizioni, i propri sogni e soprattutto senza più paura.
In sole due settimane, grazie a tutti coloro che ci hanno sostenuti, abbiamo già raggiunto ottimi risultati e potremo presto consegnare il denaro raccolto per aiutare donne che devono rifarsi una vita da sole, in mezzo a tante difficoltà, comprese quelle economiche.
Questi aiuti, che abbiamo chiamato “borse di autonomia”, possono sembrare poca cosa rispetto ai bisogni complessivi degli innumerevoli casi che gridano aiuto. Ma è comunque una grande soddisfazione che ci fa sentire persone giuste e rende un po’ più leggero quel senso di impotenza che proviamo quando leggiamo notizie terribili e ci viene da dire “quanto avrei voluto esser lì in quel preciso momento per aiutare quella donna, per aiutare quella madre e i suoi figli”. Queste iniziative devono moltiplicarsi, perché sono anche un modo per incoraggiare quelle donne che non hanno neppure il coraggio di scappare per tempo perché si sentono umiliate e sole. Noi faremo di tutto perchè trovino la forza per denunciare e scappare, sapendo che qualcuno le aiuterà.