Per la serie “tutti ladri, nessun ladro”, grandi festeggiamenti a edicole unificate per la richiesta di rinvio a giudizio contro Piercamillo Davigo, accusato a Brescia insieme al pm milanese Paolo Storari di rivelazione di segreto per aver consegnato o comunicato ai vertici del Csm i verbali dell’avvocato Amara sulla presunta loggia Ungheria. Giornale: “Colpo finale ai giustizialisti”. Libero: “Caro Davigo, ora tocca a te. Da inquisitore a inquisito”. Foglio: “Processo alla malagiustizia”. Verità: “Contrappasso: chiesto il processo per Davigo”. Riformista: “Davigo è finito come i pifferi di montagna”, “È uno squarcio su Mani Pulite”. Il sillogismo del partito degli imputati è avvincente: Davigo è uno dei pm che scoperchiarono Tangentopoli; ora è imputato a Brescia (per la 27ª volta); dunque tutti i colpevoli di Tangentopoli erano innocenti. E ricorda quello di Montaigne: il salame fa bere; bere disseta; dunque il salame disseta. Ora, le eventuali colpe di Davigo non cancellerebbero quelle dei tangentari neppure se fosse stato scoperto a prendere tangenti. Ma il reato a lui contestato non c’entra nulla con soldi, interessi personali o altre condotte eticamente infamanti. Attiene a una sua doverosa denuncia in base all’interpretazione letterale di una circolare del Csm: quella per cui ai suoi membri non si può opporre il segreto.
È la primavera 2020: Storari confida Davigo che i vertici della Procura di Milano non indagano i personaggi accusati da Amara. Davigo si fa dare i verbali (a lui non si può opporre il segreto) e ne avvisa alcuni colleghi del Csm. A voce e non tutti, perché due sono accusati da Amara e non devono sapere delle indagini. Sta commettendo un reato? I colleghi del Csm ritengono di no, sennò lo denuncerebbero per non commetterne uno a propria volta (omessa denuncia del pubblico ufficiale). Neppure il vicepresidente Ermini, che corre ad avvertire il presidente Mattarella, senza che questi eccepisca nulla, poi distrugge i verbali avuti da Davigo (cioè la prova del possibile reato che, se fosse tale, lo renderebbe colpevole di favoreggiamento, oltreché di correità nella rivelazione di segreti al capo dello Stato). Anche Salvi, Pg di Cassazione e titolare dell’azione disciplinare, si guarda bene dall’avviarne una contro Davigo. Anzi, usa le sue informazioni per chiamare il procuratore di Milano e sollecitare le iscrizioni di cui Storari lamenta l’assenza. Al processo, quando Davigo chiamerà tutti a testimoniare, ci sarà da divertirsi. Intanto, oltreché del dito (Davigo), magari qualcuno magari si occuperà della luna (la loggia Ungheria). Sempreché i confratelli e le consorelle ungheresi, che nel frattempo continuano a far carriera, non siano arrivati al Quirinale.