La scorsa settimana, l’Europa ha portato a termine il percorso di riforma della Politica Agricola Comune. Il cammino che ci ha portati a oggi è stato tortuoso e i risultati sono, purtroppo, ampiamente al di sotto delle aspettative. L’impianto dei regolamenti approvati è rimasto quello voluto dalla Commissione Junker nel 2018. La Commissione a guida von der Leyen aveva tentato di mettere in campo azioni finalizzate a raggiungere concretamente gli obiettivi stabiliti dal Green Deal, imboccando correttamente la strada della revisione, rispettando i parametri ambientali e provando a porre fine alla iniqua distribuzione degli aiuti. I risultati sono insufficienti e sotto gli occhi di tutti. Per imboccare la strada dell’agroecologia serve una Pac più incisiva. Quella approvata nei giorni scorsi, al di là di alcuni aspetti positivi, non ci ha soddisfatti e lo abbiamo detto con chiarezza anche con la coalizione Cambiamo agricoltura, di cui fanno parte numerose associazioni ambientaliste e del biologico.
Adesso serve una direzione chiara: dobbiamo distribuire meglio le risorse, superando la logica dei titoli storici e non destinandole a poche realtà (l’80% dei contributi nella precedente Pac sono andati solo al 20% delle aziende), premiando davvero qualità e riduzione dell’impatto climatico, scoraggiando pratiche agricole e zootecniche intensive e a elevato impatto ambientale e allineando la Pac alle strategie Farm to fork e Biodiversità, che prevedono obiettivi chiari da raggiungere entro il 2030: dimezzamento dell’impiego di pesticidi e dell’inquinamento causato da fertilizzanti sintetici; dimezzamento degli antibiotici negli allevamenti; 10% del territorio agricolo recuperato nella sua funzione ecologica e paesaggistica; 25% di superficie agricola convertita a biologico.
Non ci resta che riporre tutte le speranze nel PSN, il Piano Strategico Nazionale. Per la prima volta, la Pac restituisce un’autonomia importante ai singoli Stati membri. In questa ottica, solleciteremo il governo affinché vengano definite misure, azioni, priorità e obiettivi che abbiano davvero al centro l’agroecologia. In tal senso, occorre dare forte priorità allo sviluppo dell’agricoltura biologica, ponendosi gli obiettivi del 30% di superficie a biologico entro il 2027 e del 40% entro il 2030; sostenendo adeguatamente attraverso il primo e il secondo pilastro, sia dal punto di vista finanziario che con l’utilizzo dei diversi dispositivi, il settore; destinando il 30% del primo pilastro agli eco-schemi; tutelando concretamente la biodiversità e gli insetti impollinatori, attraverso gli eco-schemi specifici; riducendo drasticamente gli input chimici di sintesi e i carichi emissivi; premiando le buone pratiche virtuose e scoraggiando agricoltura e zootecnia intensive (proprio la zootecnia è responsabile dei 2/3 delle emissioni dell’intero comparto); incentivando un maggiore rispetto del benessere animale, l’indipendenza mangimistica e la qualificazione ambientale del comparto zootecnico; trasformando la Pac in un’occasione irripetibile per traghettare verso la transizione ecologica tutto il comparto agroalimentare del nostro Paese. Facendo ciò, ci dimostreremo in grado di rispondere alla crisi climatica, alle richieste dei consumatori per un cibo più sano e sostenibile e alle esigenze del mercato, abbinando all’eccellenza del made in Italy la sostenibilità ambientale. I ministri Patuanelli e Cingolani accompagnino, dunque, l’agricoltura italiana verso la transizione ecologica senza tentennamenti e seguendo una chiara road map senza rallentamenti né esitazioni.
I benefici economici, ambientali e sociali sarebbero immensi. La questione è semplice: le risorse della PAC e il PSN possono rendere reale la transizione, limitando i rischi e massimizzando i benefici per l’ambiente per le imprese agricole. Non dobbiamo sprecare questa irripetibile occasione.