Magari è tutto falso, ma allora ci vorrebbe una netta smentita dei due interessati, Draghi e Di Maio. Che invece, per tutta la giornata di ieri, non è arrivata. La notizia, data da Repubblica citando “fonti diplomatiche”, è questa: “nel corso di un vertice internazionale, Di Maio si sarebbe lasciato andare a una confidenza… Mario Draghi starebbe lavorando a una staffetta con Daniele Franco. L’attuale premier andrebbe al Quirinale, il ministro dell’Economia traslocherebbe a Palazzo Chigi”. Ora, noi siamo uomini di mondo e ne abbiamo viste di tutti i colori. Ma una democrazia parlamentare ridotta a impresa traslochi, anzi autotraslochi, che per giunta opera aumma aumma fregandosene della Costituzione e anche del comune senso del pudore, è una novità assoluta. Ed è la naturale conseguenza della scelta sciagurata compiuta a febbraio dal Quirinale e da quasi tutti i partiti di risolvere la crisi del Conte-2 con un’invereconda ammucchiata, riverniciata da Governo dei Migliori, anziché con le elezioni (che, chissà perché, si possono tenere in tutto il mondo anche in piena pandemia, fuorché nella povera Italia).
Da quella jattura discende la presa del potere di un circoletto di “tecnici” mai eletti né indicati da alcun partito che si riuniscono nelle segrete stanze per fare e disfare leggi di Bilancio, modifiche peggiorative al Pnrr, controriforme della giustizia, Green pass per lavorare, aperture al nucleare, nomine pubbliche, spartizioni della Rai e patti segreti con la Francia, smantellando quasi tutto ciò che di buono avevano fatto i due governi espressi dal voto del 2018, aggirando non solo il Parlamento (ricattato dalla perenne urgenza con fiducie a raffica e decreti che neppure vengono convertiti in legge perché cambiano alla velocità della luce o durano poche settimane), ma pure il Consiglio dei ministri (chiamati a timbrare testi mai letti prima). Ora è l’apoteosi dell’aumma aumma: il premier aspira a salire al Colle (sarebbe la prima volta nella storia repubblicana) e fa sapere all’inner circle dei draghetti (fra cui Di Maio) che una volta eletto passerà il testimone a tal Franco, noto frequentatore di se stesso. Certo: il premier lo nomina il capo dello Stato, dunque se Draghi lo diventa è tutto normale. Ma prima il capo dello Stato consulta le forze parlamentari per sapere quale premier e quale governo appoggerebbero. E soprattutto: Draghi non è stato ancora eletto presidente, né può sapere se mai lo sarà, dunque a che titolo si sceglie il successore senz’averne alcun titolo? Il cortocircuito è talmente grave e grottesco che non abbiamo dubbi: ieri Draghi e Di Maio erano molto impegnati o molto distratti, ma oggi smentiranno tutto. O no?