Nel 2003 mi chiama Cesare Garboli e mi chiede un articolo per la sua raffinata rivista letteraria Paragone. Rispondo che sono onorato, ma non sono in grado. Insiste: “Solo lei può farmi a pezzi, col suo archivio, quel… (beeep, per carità di patria, ndr) di Francesco Merlo, che prima sul Corriere e ora sulla mia Repubblica, attacca i pochi antiberlusconiani rimasti”. Accetto e il mio articolo esce col titolo: “Merlo e Tabucchi e altri mappamondi”. Un’antologia di merlosità sull’“ossessione” che affliggerebbe gli “apocalittici” e “girotondini” della sparuta opposizione a B.. Merlo ne è del tutto immune. Infatti, anziché con B. e i suoi servi che fanno strame dell’Italia, se la prende con i quattro gatti che si oppongono. Giuliano Ferrara accusa Antonio Tabucchi di essere, con Furio Colombo, “il mandante del mio futuro omicidio” (naturalmente mai avvenuto)? Merlo attacca il grande scrittore e difende il direttore del Foglio: “Tabucchi è berlusconiano e Ferrara è comunista… Tabucchi è berlusconiano nella maniera più sostanziale” solo perché chiama col suo nome il regime berlusconiano. Infatti è costretto a scrivere solo su Le Monde, oltreché sull’Unità di Colombo e Padellaro, perché qui nessun grande giornale pubblica le sue invettive. Ma per Merlo ha la “sindrome dell’esule”, “gioca a fare il Gramsci e a cingersi la testa con l’aureola dell’eroismo civile”, “spaccia l’astio per pensiero critico”, è “petulante e noioso”, “deforma”, “farnetica”. Ferrara invece è “la storia vitale della sinistra”, rappresenta “una generazione che è vissuta negli ideali”, tant’è che “ha creduto in Craxi e ora consiglia Berlusconi sempre per passione e mai per calcolo”. Anche quando faceva la spia della Cia e otteneva seggi, prebende e programmi tv da Craxi e poi da B. Vi risparmio, per motivi di spazio, le pennellate salivari del Merlo a Marina Berlusconi e poi a Monti, Renzi&Boschi, infine Draghi.
Ieri m’è tornata alla mente la telefonata di Garboli quando ho letto, sempre su Rep, l’attacco (di bile) merlaiolo alla nostra petizione che pretende financo di negare il Colle a B. “a furor di popolo”. E poi il suo tentativo di trattenere gli eventuali lettori dall’ennesima fuga: “Noi siamo stati i più decisi e i più lucidi nella denuncia dell’anomalia berlusconiana” con le memorabili “stroncature che gli dedicammo”. “Noi” chi? Lui no di certo. Però “oggi” – spiega – non bisogna “fare chiasso”, sennò si disturba “l’accordo di larga maggioranza che si sta faticosamente cercando”. Insomma, chi osa attaccare B. sono “antichi compari”. Perché “oggi” per B. “la sola vera condanna capitale è quella del silenzio”. La stessa che Merlo gli infligge da 27 anni, combattendolo – temerario e solitario – a bocca chiusa.