In base a quanto riferito alla COALIZIONE ART. 9 dal Ministero della Transizione Ecologica, i progetti di impianti di energia rinnovabile (eolico e fotovoltaico) in procedura VIA, e/o con procedimenti autorizzatori in itinere o già conclusi nell’anno in corso, ricadono in larga parte in Puglia e in Basilicata. In particolare, i nuovi impianti eolici in via di approvazione, come si evince da questa mappa del MITE che riporta le procedure in corso di approvazione della CTVIA nazionale (Commissione Tecnica di Valutazione di Impatto Ambientale), sono previsti solo al centro-sud e concentrati solo in alcune provincie.
(gli impianti eolici sono in verde chiaro nella mappa)
Questi dati confermano quando già evidente nella produzione attuale di energia eolica: il 66,41% della potenza prodotta è nel Sud (con 3.331 impianti), il 26,28% nelle Isole (con 1.318 impianti) mentre Nord e Centro si attestano al 6,55% (365 impianti).
Dati GSE
Quando si guardano i dati tendenziali della CTVIA nazionale, si capisce che è in atto una trasformazione industriale che sta rapidamente cambiando il paesaggio del Sud, lo sta piegando all’imperativo della transizione ecologica e all’estrazione industriale di energia. Si scopre così che il 47,77% della potenza eolica prevista è in Puglia (5.771,25MW con 1.065 aerogeneratori), il 13,92% è in Basilicata (1.681,84MW con 365 aerogeneratori), l’11,7% è in Sicilia (1,414,61MW con 308 aerogeneratori) e il 9,25 è in Sardegna (1.118,05MW con 250 aerogeneratori).
Se andiamo a vedere quali sono le tendenze sul fotovoltaico, i dati del MITE confermano la “vocazione energetica” del Sud: in base al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) la Puglia è prima nettamente con 51 impianti in valutazione per una potenza totale di 2.372,76 MW, con Sicilia seconda con 9 impianti da 1.068,92MW, terza la Sardegna con 7 impianti da 341,84MW e quarta la Basilicata con 10 impainti da 189,64MW.
Il dato che colpisce è ovviamente quello pugliese. Già ora la Puglia è al primo posto per produzione eolica, con una potenza di 2.479,33MW, il 24,51% ma la regione sembra essere interessata da una corsa frenetica verso le energie rinnovabili, sia per gli impianti fotovoltaici industriali che per i giganteschi impianti eolici. Produrre i previsti 2.372,76MW di energia solare, significherà coprire 4.745 ettari di superficie agricola con pannelli solari (per ogni MW sono infatti necessari 2 ettari circa). A questo si aggiungeranno, per produrre i 5.771,25MW di energia eolica previsti, 1.065 aerogeneratori di nuova generazione, alti anche 250 metri.
Questi dati, però, sono solo parziali perché non esiste in Italia una banca dati aggiornata e affidabile dei progetti in corso di approvazione presso le PA, mentre per l’esistente fanno fede i dati Terna riportati dal GSE. Sul sito del MITE è possibile vedere l’iter di approvazione delle procedure per gli impianti eolici superiori ai 30MW e quelli fotovoltaici a terra inseriti nel PNIEC. Per tutto il resto, le banche dati dovrebbero essere tenute dalle singole regioni ma l’unica che sembra in grado di monitorare correttamente è la Puglia. Morale della favola, si marcia verso la transizione ecologica in ordine sparso.
Minervino Murge (foto Antonio Sigismondi)
La trasformazione della provincia di Foggia in un unico immenso impianto di estrazione di energia solare ed eolica non può avvenire senza un dibattito, senza una scelta consapevole da parte delle amministrazioni e senza che l’energia e la ricchezza prodotta siano in parte disponibili per le popolazioni che hanno sacrificato il proprio territorio all’imperativo della diminuzione delle emissioni di CO2 del Paese. Italia Nostra chiede che si riveda questa scelta, generata anche dalla mancata pianificazione delle aree idonee e dallo scarso monitoraggio delle procedure autorizzative regionali.
La Coalizione Art.9 è favorevole a misure efficaci per il contrasto al cambiamento climatico e accetta l’apporto alla transizione energetica delle fonti cosiddette rinnovabili elettriche intermittenti, purché gli impianti siano collocati in modo rispettoso del grande valore naturalistico e paesaggistico del Paese.
Infine, occorre non illudersi che i problemi possano essere risolti in modo autoritario con la frettolosa approvazione di un decreto che si limita ad azzerare le possibilità di opporsi e ad esautorare le autorità di garanzia e di tutela. Occorre una nuova vera regolamentazione normativa che al termine di un debat pubblique con i vari stakeholders interessati possa almeno definire le norme per: a) l’individuazione degli ambiti territoriali in cui installare gli impianti tenendo conto delle criticità ambientali, paesaggistiche e culturali; b) i criteri di dismissione degli impianti al termine del loro ciclo di vita, facendone ricadere i costi sugli installatori e non sulla collettività o sui consumatori.