Non bastando le scemenze dei giornaloni italiani, importiamo pure quelle dei giornaloni stranieri. Che, per carità, hanno tutto il diritto di dire scemenze. Ma il guaio è il provincialismo con cui i nostri se le bevono come oracoli della Pizia. L’ultima è del Financial Times, che annuncia “disordini”, “instabilità” e pericoli per le “riforme strutturali e ambiziose” del fisco e della giustizia (magari!) se Draghi ascenderà al Colle e mollerà Palazzo Chigi. Noi prendiamo sul serio la stampa estera quando c’è di mezzo la reputazione internazionale dell’Italia, ma dalle sue profezie di sventura siamo vaccinati con tripla o quarta dose. Il 21.11.2016 il Ft ci ammonì a votare Sì alla schiforma renziana perché una vittoria del No avrebbe messo “a rischio” nientemeno che “la zona euro”, con “una sequenza di eventi che potrebbe accelerare l’uscita dell’Italia dall’euro”. Mancavano solo le cavallette. Poi stravinse il No e non accadde un bel nulla, a parte il salvataggio della Costituzione e il tramonto dell’impiastro rignanese. Ora, per drammatizzare l’allarme del Ft, i nostri giornaloni scrivono che proviene dai retrostanti “mercati” e “investitori”, terrorizzati dallo spread. Che però l’8 gennaio, negli ultimi giorni del Conte-2, era a 105. Poi arrivò Draghi e ci fu garantito che avrebbe spezzato le reni pure allo spread. Che però purtroppo l’altroieri è salito di altri 4 punti toccando la quota record di 134. Quindi, delle due l’una: o lo spread non dipende dai premier, o ce l’ha con Draghi. Che però è ancora dipinto da tutti come Garante Supremo di “mercati” e “investitori”. Dunque lo saprà bene lui cosa temono: non certo la sua intenzione, ormai assodata, di andare al Quirinale. Eppure ora scopriamo che il Ft e i retrostanti mercati e investitori non vogliono. Ergo, delle tre l’una: o Draghi non è il garante dei mercati e degli investitori; o il Ft non è il loro portavoce; o c’è una guerra fra mercati&investitori e Draghi che se ne frega esponendoci al rischio di disordini, instabilità e cavallette.
Per restare nel cabaret, quel pesce di nome Zanda parla col Corriere per tentare di peggiorare le cose dette da Conte su B. E ci riesce: “Berlusconi ha creato il pluralismo televisivo”. Dev’essere stato quando si fece fare due decreti ad aziendam da Craxi per neutralizzare i giudici e la legge Mammì per santificare il suo monopolio sulle tv private. O quando emanò l’editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi per farli cacciare dalla Rai. Ma Zanda precisa: “Come governante non voglio giudicarlo: sono sempre stato all’opposizione”, a parte quando ci governava con Monti e Letta e ora che ci governa con Draghi. Ma non se n’è mai accorto. Così come B. non s’è mai accorto di avere Zanda all’opposizione.