Fondazione il Fatto Quotidiano

Sul confine Italia-Francia coi volontari per i migranti. Fermare il naufragio di civiltà

11 Dicembre 2021

di Cinzia Monteverdi

“Fermiamo il naufragio di civiltà”; “Finisca il rimbalzo di responsabilità”; “Paura e cinico disinteresse uccidono. È tragico che in Europa qualcuno la consideri una questione che non lo riguardi”; “Chiusure e nazionalismi portano a conseguenze disastrose”. Sono anche parole come queste, quelle di un grande uomo che si chiama Francesco, il nostro Papa, esempio di cristianità sia per i laici sia per i cattolici, a spingerci con la Fondazione del Fatto Quotidiano ad affrontare un nuovo progetto.

Siamo stati contattati dalla Croce Rossa Italiana di Val Susa perché la aiutassimo ad assistere i migranti. Dal 2017 la Valle di Susa, naturale corridoio di collegamento tra l’Italia e la Francia, vede il transito di migliaia di persone migranti che tentano di valicare le Alpi in cerca di un futuro migliore; provengono dalla rotta mediterranea o dalla via dei Balcani. Nel compiere questo viaggio si espongono a grandi rischi, specie nel periodo invernale: rischiano di morire di stenti e di freddo.

Il lavoro dei volontari della Croce Rossa Italiana è fondamentale. Hanno l’obiettivo di proteggere i migranti fornendo ogni giorno e ogni notte aiuto materiale (con coperte termiche e bevande calde), informazioni, possibilità di un ricovero notturno o di un intervento in caso di emergenza. Spesso si ritrovano ad assistere intere famiglie con bambini piccoli. E anche in questo caso – come per gli altri progetti che ha in corso la Fondazione, e per i quali in poco tempo abbiamo raggiunto i risultati sperati – vogliamo sottolineare il lavoro meraviglioso dei volontari. Che anche in Valle di Susa ogni giorno, ventiquattr’ore su ventiquattro, assistono persone nel tratto più difficile del loro percorso verso una vita migliore.

Al già citato “rimbalzo di responsabilità” di cui parla Papa Francesco aggiungerei l’aggettivo “schifoso”. Il pianeta Terra non è di nessuno, non abbiamo la proprietà della vita degli altri né il diritto di negare la salvezza, il sogno di scappare da ingiustizie, soprusi e stenti. Dovrebbe sorprendere, anche se ormai purtroppo non sorprende più, l’atteggiamento di certi politici che inneggiano alla vita facendo battaglie contro l’aborto o contro l’eutanasia, per poi invocare la chiusura dei porti e continuare a sostenere che queste persone devono essere aiutate “là”, “a casa loro”. Parlando di un “là” che nemmeno conoscono, e dove non resisterebbero nemmeno un giorno se ci vivessero. Mai che nessuno di loro abbia spiegato come si tradurrebbe, in concreto e nell’immediato, questo fantomatico aiuto “là”. Perché si parla di immediatezza quando l’aiuto deve salvare vite umane; non di anni di riflessioni sulle politiche internazionali. Vengono poi spesso strumentalizzati coloro che delinquono e che sono presenti, come è naturale che sia, all’interno di questi flussi migratori che non sono avulsi dalle realtà che viviamo. Ogni volta che uno straniero commette un atto di violenza, un reato, dal più piccolo al più grande, lo si esibisce, per le strategie politiche del caso, a riprova di una necessaria chiusura dei porti e delle frontiere. E si confonde così, appositamente, il caso singolo con il tutto.

E non si pensa mai abbastanza al fatto che se queste persone sono disposte ad attraversare mari in tempesta con imbarcazioni di fortuna, o Alpi innevate con temperature impossibili come in Valle di Susa, significa che sono pronti alla morte pur di non rimanere in quel “là” che è così lontano da non riguardarci.

Danno fastidio a tutti i violenti, così come il degrado di alcune città dove si riuniscono gruppi di persone che sempre più spesso provengono da quel “là” e che si ritrovano a vivere accatastando sporcizia o molestando chi passa. Sì, danno fastidio a tutti. È inutile trincerarsi nel falso buonismo. Però è necessario distinguere. E fissare delle priorità. La prima: salvare la vita delle persone. Non si può reputare un merito l’essere nati in una determinata parte del mondo; è solo dovuto al caso di un seme e di un ovulo che hanno determinato la nostra nascita in un luogo rispetto a un altro. Ci penso sempre a questa cosa. È stata una gran botta di culo non nascere sotto le bombe, o in Paesi torturati da ingiustizie politiche, o da dittature politiche e religiose.

Con il pensiero che le persone disperate vadano aiutate tutte, che siano cittadini italiani o cittadini del mondo, abbiamo deciso di aiutare la Croce Rossa in Val Susa. La Fondazione contribuirà direttamente con una donazione. Ma, in aggiunta, partiamo proprio oggi con la raccolta fondi per la fornitura di kit di assistenza con cibo autoriscaldanti e coperte termiche. Non c’è tempo da perdere. Non si può rimanere indifferenti di fronte a famiglie intere che si tengono per mano affrontando a piedi le Alpi.

IL SITO DELLA FONDAZIONE IL FATTO QUOTIDIANO

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