Dato che secondo gli antichi “Dio rende ciechi quelli che vuole perdere”, ieri abbiamo assistito a un ulteriore passo, probabilmente definitivo, del Movimento 5 Stelle verso il suicidio. Il merito o la responsabilità, a seconda dei punti di vista, è delle tre componenti pentastellate della Giunta per l’autorizzazione a procedere del Senato. Le tre, quando si è trattato di decidere se dare parere favorevole alla proposta di sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta contro i sequestri di chat e di email nell’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti a Matteo Renzi (il caso Open), invece che votare no come si sarebbero aspettati tutti i loro residui elettori, hanno deciso di astenersi. E lo stesso hanno fatto sulla richiesta di arresto avanzata dai giudici di Napoli nei confronti del senatore di Forza Italia, Luigi Cesaro, accusato di concorso esterno in associazione camorristica.
Per quanto ci riguarda troviamo inutile entrare nel merito delle argomentazioni avanzate per giustificare le scelte: sostenere come fanno i 5Stelle e il Pd (anch’esso astenuto) che la Giunta, a maggioranza centrodestra e Italia Viva, si è rifiutata di acquisire ulteriori atti indispensabili per la decisione su Renzi, potrebbe persino essere tecnicamente corretto. Oppure potrebbe avere ragione l’ex presidente del Senato Piero Grasso che, prima di votare no al conflitto, ha spiegato che secondo le norme, la Giunta non poteva nemmeno esaminare il caso, visto che è il Giudice per le indagini preliminari, e non il Pubblico ministero, a stabilire con un’ordinanza quali elementi di prova utilizzare in un procedimento penale.
Ma il punto non è questo. Perché la questione, almeno per quanto riguarda i 5Stelle, non è giuridica. È, purtroppo per loro, solo politica.
Se ti fai eleggere ripetendo per anni di essere contrario all’immunità parlamentare in tutti i casi non riguardanti le opinioni espresse; se raccogli consensi sostenendo di essere schierato, senza se e senza ma, contro il malaffare e contro i privilegi che rendono i parlamentari diversi dagli altri cittadini, è ovvio che tu in Giunta e in aula debba sempre dare il via libera agli arresti e all’utilizzo di prove e intercettazioni. Perché solo così dimostrerai a chi ti ha votato di stare facendo quanto promesso: considerare, davanti alla legge, gli eletti uguali agli elettori.
Ieri, oltre a quello di Grasso, c’è stato un altro voto contrario al conflitto di attribuzione sul caso Renzi. Quello di Gregorio De Falco, l’ex comandante della Capitaneria di porto di Livorno, espulso dai 5Stelle e ora nel Gruppo misto. De Falco è celebre, tra l’altro, per una frase rivolta a Francesco Schettino, il capitano che portò al naufragio la nave da crociere Costa Concordia: “Torni a bordo, cazzo!”. Ignoriamo se durante le discussioni in Giunta, De Falco abbia utilizzato un’espressione simile nei confronti degli ex colleghi pentastellati. Siamo però certi che se lo avesse fatto, avrebbe ricevuto il plauso di tutti i loro futuri ex elettori.
Il Movimento 5 Stelle, come dimostrano i sondaggi da settimane in continua picchiata, sta perdendo anche l’ultima caratteristica che lo rendeva differente dalle altre forze politiche: l’intransigenza sulla questione morale. La slavina, accelerata dall’intervento di Giuseppe Conte su “Berlusconi che ha anche fatto molte cose buone”, pare inarrestabile. Tempo fa proprio Renzi, da vero esperto in materia qual è, per i pentastellati vaticinava l’autodistruzione. Noi da ieri cominciamo a pensare che possa aver ragione.