La vita sulla Terra sta per finire, un gigantesco meteorite sta per schiantarsi. Gli scienziati lanciano l’allarme, ma la notizia non interessa a nessuno. La soluzione al problema esiste, ma all’ultimo momento la Presidente si lascia convincere dall’imprenditore miliardario che una nuova tecnologia all’avanguardia possa arrestare il meteorite creando ricchezza per la comunità.
Spoiler non è così.
Inizia così Don’t look up, l’ultimo film di Adam McKay che tratta della fine del Mondo in modo grottesco, specchio della nostra società attuale. Il film si pone l’obiettivo di stimolare una riflessione nello spettatore sulla realtà che lo circonda, attraverso una comunicazione frustrantemente comica e accusando tutto il sistema culturale e politico (compreso lo stesso regista che realizza il film) di non essere all’altezza di comunicare l’emergenza. Il film racconta infatti attraverso una metafora l’emergenza climatica in atto, utilizzando maschere per descrivere intere sfere della società: la Presidente degli Stati Uniti d’America rappresenta tutta la classe politica, il miliardario imprenditore rappresenta i capitalisti, lo scienziato e la dottoranda rappresentano tutta la comunità scientifica .
Il film critica la società nel suo complesso ma non in maniera univoca e trasversale; il nemico nel film è infatti è uno: il capitalismo.
La comunità scientifica viene rappresentata da Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence, che cercano, invano, di comunicare in modo efficace il messaggio di allarme della scienza, che viene banalizzato e ridicolizzato dai media diventando opinione tra le opinioni sui social network.
I media non sembrano interessati ad informare quanto piuttosto ad inseguire la maggior visibilità cavalcando la disinformazione e trasformando le notizie in intrattenimento.
Naturalmente anche la classe politica non è esente dalle critiche. Meryl Streep, che interpreta la Presidente degli Stati Uniti d’America, rassicura gli scienziati, li ringrazia, ma in fin dei conti non è interessata ad affrontare il problema poiché occupata ad inseguire il fugace consenso elettorale. La Presidente degli Stati Uniti, che rappresenta l’intera classe politica, non è potente e forte come di solito viene rappresentata: subisce infatti forti pressioni dall’imprenditore miliardario (interpretato da Mark Rylance), finanziatore della campagne elettorale del Presidente, e dunque detentore del grande potere di pressione politica.
Il vero potere sta nei soldi.
Il miliardario infatti convince la Presidente ad abbandonare la soluzione sicura e scientificamente approvata, per invece deviare il meteorite con una soluzione alternativa sperimentale, apparentemente risolutrice di tutti problemi : capace di suddividere la cometa in modo che non provochi danni, ma anche in grado di creare benessere per tutti.
La stessa Jennifer Lawrence, dopo essersi confrontata con Leonardo DiCaprio sulla “soluzione risolutiva” dell’imprenditore miliardario, afferma: “Hanno scoperto un mucchio d’oro, di diamanti e altre stronzate varie sulla cometa. Quindi lasceranno che colpisca il pianeta per far diventare un pugno di super ricchi ancora più disgustosamente ricchi”.
Il miliardario, offeso quando etichettato come uomo d’affari, è in realtà interessato al litio e ai metalli rari presenti sulla cometa in modo tutt’altro che altruistico, un chiaro riferimento ad Elon Musk.
Il film accenna dunque anche alla questione della Giustizia sociale e quanto sia importante perseguire prima di tutto il benessere delle comunità maggiormente colpite, in un’ottica di giustizia sociale.
È probabile che scopo del regista fosse quello di creare discussione rendendo pop un tema che ha sempre allontanato, paralizzato o annoiato. Da attivista per il clima sono interessata alla reazione delle persone che hanno guardato il film: comprendere dunque se la semplificazione sia riuscita a comunicare il messaggio, oppure se il messaggio sia stato distorto, poiché in effetti l’essenza della crisi climatica è proprio la sua complessità. Se il film abbia lasciato un senso di timore, paura, frustrazione o invece consapevolezza di dover agire ed essere parte del cambiamento.
Personalmente ho notato come molte persone fuori dalla “bolla” degli attivisti per il clima siano rimaste colpite, forse impaurite, ma anche interessate a mettersi in gioco attivamente. Come se per la prima volta avessero capito cosa significava il BlaBlaBla di Greta Tumberg e l’urgenza dell’emergenza.
Negli ultimi giorni soltanto nel mio gruppo locale di Fridays for future Pistoia più di 10 persone hanno chiesto di partecipare alle riunioni e ai progetti in corso perché volevano sentirsi utili, essere parte del cambiamento.
Questo film è una STORIA che parla indirettamente della crisi climatica ad un pubblico vastissimo: basti pensare che è uscito il giorno di Natale, su Netflix, e con un cast stellare.
Come diceva Amitav Ghosh nel La Grande Cecità, “abbiamo bisogno di più storie”.
La crisi climatica non arriverà mai a tutti attraverso i grafici e i dati. Le storie superano le bolle social, i confini, i muri: connettono le persone e le fanno riflettere su ciò che le circonda. Se siete degli scrittori, degli artisti, dei giornalisti o raccontate storie non sottovalutate il potere di una bella storia. Aiutateci a raccontare la crisi climatica perché è già presente, fa già parte della nostra realtà e noi attivisti non andremo lontano senza l’aiuto e il supporto di tutti.