La prima volta della seduta comune col virus tra sicurezza, diritti e rebus quorum. Se va per lunghe, sarà rielezione o reggenza
L’unica cosa certa al momento è la data, comunicata via sms intorno all’ora di pranzo del 4 gennaio a tutti i parlamentari. “La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono convocati in seduta comune, con la partecipazione dei delegati regionali, lunedì 24 gennaio 2022, alle ore 15, con il seguente ordine del giorno: […]
L’unica cosa certa al momento è la data, comunicata via sms intorno all’ora di pranzo del 4 gennaio a tutti i parlamentari. “La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono convocati in seduta comune, con la partecipazione dei delegati regionali, lunedì 24 gennaio 2022, alle ore 15, con il seguente ordine del giorno: “Elezione del Presidente della Repubblica”. Per il resto si naviga a vista: la prima elezione del capo dello Stato in epoca Covid costringe gli alti vertici di Montecitorio e Palazzo Madama a tenere aperte tutte le opzioni. Cosa accadrebbe se al fatidico appuntamento del 24 gennaio una parte consistente dei 1009 grandi elettori fossero impediti, causa morbo, di passare sotto al catafalco per scrivere nel segreto dell’urna il nominativo più prezioso per la Repubblica?
L’Armageddon
Il voto che potrebbe slittare
In questo scenario in cui la pandemia la fa da padrona, nulla viene escluso. Neppure l’ipotesi più drastica, ossia che a un certo punto si possa congelare lo scrutinio laddove il contagio rischiasse di incidere sui quorum costituzionali necessari per l’elezione. “Seguiamo con grande preoccupazione l’evoluzione del contagio tra i parlamentari, consapevoli che il picco dei contagi ci sarà tra 15-20 giorni”, dice il questore anziano della Camera, Gregorio Fontana, azzardando un possibile rimedio laddove le cose, dal punto di vista dei contagiati, dovessero complicarsi: “Nella Costituzione, per esempio, non c’è scritto che si debba votare tutti i giorni”. Si interroga sulle eventuali soluzioni d’emergenza anche il suo omologo del Senato, Antonio De Poli: “Bisognerà vedere l’evoluzione dei numeri. Intanto bisogna capire se i voti degli ammalati li conteggiamo o no ai fini del quorum. Certo che se alla fine fossero decine e decine i contagiati, forse la soluzione più agevole sarebbe quella di un rinvio”. Sì, ma a quando? Perché se si scavallasse il 3 febbraio, data della fine del mandato di Sergio Mattarella, si porrebbe anche il tema della durata della reggenza da parte della seconda carica dello Stato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
I numeri
L’asticella di Berlusconi
Per questo i ragionamenti corrono attorno ai numeri. “Col Covid a Palazzo, per chi come Berlusconi accarezza l’idea di farcela dal quarto scrutinio quando bastano 505 voti per essere eletti, l’asticella si è alzata e questo potrebbe determinare cambi di strategia” spiega Federico Fornaro di LeU, che ritiene ragionevole che alla fine tra i grandi elettori si conteranno 70-80 contagiati. E se fossero anche di più? “A spostare il voto di una settimana non succede niente. Ma credo che a quel punto interverrebbe la politica per mettere in sicurezza il quadro istituzionale. La soluzione? Si vota Sergio Mattarella”.
Le soglie
Questione di quorum
Ieri sulla questione Covid in chiave Quirinale le capogruppo dem di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, hanno scritto a Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati chiedendo che si faccia di tutto per assicurare il voto in sicurezza: un focolaio nel cuore delle istituzioni – è il loro ragionamento – finirebbe “con innalzare in modo surrettizio i quorum previsti dalla nostra Costituzione, ponendo dubbi sulla regolarità del voto”. Già perché si tratta pur sempre della prima elezione quirinalizia in epoca Covid, uno scenario inedito a guardare i precedenti. Non che all’elezione del presidente della Repubblica nel passato abbiano partecipato tutti gli aventi diritto. Dal 1971, ossia dallo scrutinio che incoronò presidente Giovanni Leone con la partecipazione dei delegati regionali (l’anno prima, nel 1970, c’era stata l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario) si è sempre registrata una quota di assenti fisiologici. Il 31 gennaio 2015 Sergio Mattarella venne eletto al IV scrutinio (con 665 voti) quando in aula erano presenti 995 grandi elettori su 1009. Prima di lui al momento dello scrutinio fatale per il bis di Giorgio Napolitano nel 2013 ne erano presenti 997 su 1007 e prima ancora nel 2006, 1000 su 1010. E così via a ritroso: per Ciampi erano presenti 990 grandi elettori su 1010, per Scalfaro 1002 su 1011, per Cossiga 979 su 1011, per Pertini 995 su 1011 grandi elettori fino ad arrivare a Leone, 996 su 1008. Ma queste erano assenze da tempi di pace.
Il regolamento
Precluso il voto a distanza
Per questo non è chiaro se l’iniziativa di ieri di Serracchiani e Malpezzi serva a riproporre il tema del voto a distanza più volte evocato senza successo in questi due anni di pandemia anche dal loro collega del Pd, Stefano Ceccanti. Al momento non è tra le ipotesi allo studio degli uffici di Camera e Senato anche perché rimane insuperabile la previsione costituzionale che implica il voto in presenza. Per la particolarità del collegio elettorale deputato da Costituzione a scegliere il capo dello Stato è anche esclusa la misura dell’autocontingentamento (ossia la partecipazione alle sedute d’aula della metà degli eletti) che pure era stata adottata nel marzo del 2020 per ridurre al massimo il rischio contagio.
Le misure
Garantire la sicurezza a Palazzo
I collegi dei questori dei due rami del Parlamento a cui compete l’adozione delle misure di sicurezza torneranno a sentirsi la prossima settimana anche per valutare ai raggi X l’ultimo decreto del governo (che prevede, tra l’altro, il vaccino obbligatorio per chi abbia più di 50 anni) onde adeguare come di consueto le regole interne alle nuove misure di Palazzo Chigi. Quel che è certo fin d’ora è che per recarsi al seggio di Montecitorio i grandi elettori dovranno essere muniti di mascherina Ffp2 e del green pass ormai d’ordinanza. Si sta valutando anche di imporre un tampone supplementare prima dell’ingresso in aula. E ancora. È stato già stabilito che nell’emiciclo non potranno esserci più di 200 persone e che non dovrebbe svolgersi più di una votazione al giorno: al netto delle sanificazioni che richiedono un certo tempo, la chiama organizzata per turni e fasce orarie assegnati a ciascun grande elettore, secondo i calcoli effettuati dagli uffici di Montecitorio, comporterà che tra il voto e ciascun scrutinio passino circa 5 o 6 ore. Altro dato certo è che, con più di 37,5° si resta fuori dal Palazzo.
Il monitoraggio
Il test dell’ultimo giorno
Il quadro è però, come detto, in continua evoluzione e quel che è certo è che di fronte a una situazione straordinaria saranno i presidenti di Camera e Senato a dover valutare insieme cosa fare. Quando? Il monitoraggio dei contagiati è continuo e se la situazione dovesse prendere una brutta piega non sarà necessario attendere l’ultimo giorno. I due uffici di presidenza di Camera e Senato si riuniranno prima del 24 gennaio per certificare la regolare formazione del collegio elettorale composto dai 1009 grandi elettori: una riunione di verifica dei titoli degli aventi diritto al voto per il Colle: dei 321 senatori, dei 630 deputati e dei delegati delle Regioni che devono ancora completare l’indicazione dei loro 58 rappresentanti.