Scuola, obbligo vaccinale, restrizioni: per gli scienziati sono “norme barzelletta”. La quarta ondata complica i piani di Draghi per il Colle

Di FQ EXTRA
7 Gennaio 2022

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OBBLIGO VACCINALE, RESTRIZIONI: GLI SCIENZIATI CONTRO IL GOVERNO. A due giorni dal varo in Consiglio dei ministri, il decreto del governo che introduce, tra le altre norme, l’obbligo vaccinale per gli over 50 non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale e il testo non si può leggere. Così, per conoscere obblighi e regole bisognerà continuare ad affidarsi alle anticipazioni dei media. L’appuntamento con l’obbligo, comunque, è il 15 febbraio, ma pare che le sanzioni scatterebbero già dal primo febbraio. Anche su questo il decreto si mostra un rompicapo, con date di inizio delle restrizioni tutte diverse tra loro, circolari e decreti che si contraddicono e lasciano zone d’ombra. Inoltre, come abbiamo scritto sul Fatto di oggi, gli effetti di queste misure non si vedranno prima di quattro mesi, inutili quindi a risolvere l’emergenza della quarta ondata di Covid e della variante Omicron. Sul Fatto di domani intervisteremo su questi temi il presidente della fondazione Gimbe Nino Cartabellotta. E in tutto questo, che fine hanno fatto i ristori? Le forze politiche di tutti i colori li hanno chiesti a Draghi, durante il Consiglio dei ministri di mercoledì: sul Fatto di domani vedremo cosa c’è sul tavolo dell’esecutivo e in che modo si intende procedere, e per quali categorie professionali. Su un altro fronte, il governo si attira molte critiche anche per la decisione sull’obbligo vaccinale. Due scienziati riconosciuti come Andrea Crisanti e Roberto Burioni, giudicano le norme sull’obbligo per gli over 50 una farsa. Per Burioni è una barzelletta la sanzione di soli 100 euro una tantum, per Crisanti la norma fatta in questo modo è inefficace. C’è anche chi, come l’ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, ritiene che il governo stia procedendo solo sulla base di calcoli politici, senza più ascoltare il parere degli epidemiologi. E anche Beppe Grillo ha criticato l’obbligo vaccinale sul suo blog, scrivendo che “evoca immagini orwelliane” e sostenendo la tesi che puntare la strategia della lotta al Covid solo sui vaccini non basta. Sulla comunicazione zoppa del governo Draghi e la scelta di non ascoltare più il parere degli scienziati ospiteremo un’analisi di Barbara Spinelli.

DUBBI SULLA SCUOLA: CLASSI SICURE O “CLASSI TERMOPILI”? PARLA LUCIA AZZOLINA. Ma ora l’attenzione è anche puntata sulla scuola. Lunedì gli istituti dovrebbero riaprire i battenti e il governo, con il ministro Bianchi in prima linea, continua a sostenere che la decisione è inderogabile, nonostante il fronte dei fautori di un rinvio di due settimane si stia allargando. Non ci sono solo i 1500 presidi che ieri, con una lettera indirizzata al Ministero dell’Istruzione, hanno chiesto di posticipare il rientro di due settimane e attivare la Didattica a distanza, ma anche gli scienziati. L’associazione dei presidi della Lombardia oggi ha scritto, con una certa enfasi, che riaprire il 10 gennaio “sarà come andare alle Termopili”. La fondazione Gimbe e perfino il consulente scientifico del Commissario Figliuolo, Guido Rasi, hanno detto chiaramente che dal punto di vista epidemiologico sarebbe meglio tenere gli studenti a casa per 15 giorni, evitando di creare ulteriori occasioni di contagio in una fascia di popolazione ancora relativamente poco immunizzata. È molto chiaro anche il parere del microbiologo Andrea Crisanti: “Ormai non si può più fare niente per fermare la variante Omicron. L’unica via per attutirla è chiudere le scuole per 2-3 settimane. E se non si chiudono le scuole, bisognerebbe chiudere i ristoranti. O l’uno o l’altro. Io sarei per chiudere i ristoranti”. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha criticato il governo per la posizione sulla riapertura, affermando che molte scuole entreranno subito in Dad “perché non ci sono altre soluzioni”, visti i ritmi di contagio e il tracciamento delle Asl nel pallone. Il governatore campano Vincenzo De Luca ha chiuso direttamente le medie e le elementari fino a fine gennaio. Il governo ha annunciato che impugnerà la decisione. Su Dad e scuola in presenza intervistiamo domani l’ex ministra dell’istruzione Lucia Azzolina.

IL COVID AVANZA: INCIDENZA RADDOPPIATA, I NUMERI PEGGIORANO. Come accade ogni volta dopo un giorno di festa, oggi il bollettino dei contagi appare più moderato: 108 mila casi e 223 morti (comunque non pochi). Ma il tasso di positività schizza al 22% dei tamponi effettuati. In realtà, sul fronte sanitario la situazione peggiora. Il giorno dell’Epifania abbiamo sfondato il tetto dei 200 mila positivi giornalieri, e i ricercatori dell’Università di Washington, negli Stati Uniti, hanno preconizzato che il nostro Paese toccherà il picco della mortalità a febbraio, con il rischio di 500 morti al giorno. Il monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità (Iss) rileva oggi che in una settimana l’incidenza dei contagi è raddoppiata e l’indice di trasmissibilità Rt sale di parecchio: è a 1,43 mentre era 1,18 7 giorni fa. L’incidenza dei nuovi positivi è pari a 1.669 casi ogni 100mila abitanti, doppia rispetto ai 783 di una settimana fa e, fa impressione leggerlo, quadrupla rispetto ai 351 casi ogni 100 mila abitanti censiti prima di Natale. “C’è una fortissima circolazione del virus in tutte le Regioni”, ha affermato il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro. Il tasso di occupazione ospedaliera è ora al 21,6% sul piano nazionale nei reparti ordinari e al 15,4% nelle terapie intensive (era il 12,9% una settimana fa). Ormai quasi tutta Italia è in zona gialla: si aggiungono Abruzzo, Emilia Romagna, Toscana e Valle d’Aosta, portando il totale delle regioni a rischio moderato a 14. Ma il cambio di colore comunque quasi non si sente, la regola principale della zona gialla infatti è l’obbligo di mascherina all’aperto, che però è già obbligatoria da Natale. E da lunedì scattano le prime restrizioni per i non vaccinati: Qui tutte le norme da seguire. Sul Fatto di domani torneremo a parlare della Lombardia e della situazione critica che sta affrontando la sanità locale nella Regione che, ancora una volta, appare la più colpita dalla nuova ondata di contagi.

QUIRINALE SÌ O NO? TRA DRAGHI E I PARTITI L’AMORE SEMBRA FINITO. E nel frattempo si avvicina l’elezione del prossimo capo dello Stato. Con la questione pandemica che si intreccia sempre di più alle strategie dei partiti per individuare il successore di Sergio Mattarella. Questo non soltanto perché, come abbiamo raccontato oggi sul Fatto, il virus costringe le istituzioni a rallentare e modificare le modalità di voto (che comunque non possono essere stravolte e le consultazioni dovranno tenersi in presenza, ha spiegato il costituzionalista Gaetano Azzariti), ma anche perché le tensioni e la confusione che regnano nella compagine di governo hanno un impatto sulla strada di Draghi verso il Quirinale. Dopo l’accidentato Consiglio dei ministri di mercoledì, il premier ha fatto sapere ai giornali di essersi scocciato della litigiosità della sua maggioranza, ma anche l’opposto sembra sempre più vero e non è detto che i partiti sosterranno ancora a occhi chiusi il trasferimento dell’attuale premier sul Colle più alto. Sul Fatto di domani vedremo qual è lo stato del dibattito nelle varie forze politiche, dalla Lega (che poco fa ha smentito la voce secondo cui Salvini medita di uscire dal governo) ai 5 Stelle e il Pd fino a Forza Italia, che continua a sostenere pubblicamente l’opzione di Berlusconi. La nostra petizione contro l’elezione dell’ex Cavaliere alla presidenza della Repubblica, su Change.org, è arrivata oltre 210 mila firme.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Risarcimento per Cucchi. Nella battute finali del processo a carico di otto carabinieri accusati di aver depistato le indagini sulla morte del 30enne nell’ottobre del 2009, il legale della famiglia di Stefano Cucchi ha chiesto un risarcimento da oltre due milioni di euro e una provvisionale di 750 mila euro.

Il Kazakistan nella morsa della repressione. Il presidente ha dato licenza di uccidere alle forze dell’ordine e ai militari scesi in campo per sedare le rivolte, che possono sparare a vista e senza preavviso.

Il cinema piange Sidney Poitier. Il celebre attore e regista statunitense, noto per aver recitato nel film ‘Indovina chi viene a cenà’ è morto giovedì sera a 94 anni. È stato il primo attore afroamericano a vincere l’Oscar come migliore attore protagonista.

Botteghini tristi. Gli incassi dei film nelle sale non si sono mai ripresi dopo lo scoppio della pandemia, e anche la musica dal vivo non se la passa bene.


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