V i ricordate quando appena scoppiato il Covid, durante la straziante quotidiana conta, ci insegnarono la differenza fra i morti di Covid e con Covid? Io ricordo che in quel periodo si provavano strani e penosi sollievi quando si veniva a sapere che un intubato o un defunto con Covid aveva altre patologie. Si era arrivati a sentire “ah sì, è morto, ma era vecchio”, “ah sì, ma aveva la glicemia alta”, oppure “sì, ma era in evidente sovrappeso e beveva troppo”. Senza accorgercene, stavamo arrivando al concetto della razza pura: sostanzialmente, se eri forte bello aitante pensavi di non finire all’ospedale. Ho anche temuto di sentire “ah sì, ma era gay”. Poi, abbiamo appreso che in ospedale ci finiva chiunque, con maggiori rischi per chi aveva pregresse patologie.
A distanza di due anni la stragrande maggioranza dei cittadini credo abbia imparato tante cose, e sono convinta che quei cinici respiri di sollievo che portavano a malati e morti di serie A e di serie B non vengano più provati. Peccato che la divisone per classi di malati e morti stia invece avvenendo a livello di sanità, nei fatti. Ogni giorno da sempre muoiono persone per gravi malattie. Di tutti i tipi. E si ammalano persone che sono costrette a cure pesantissime. Pensiamo ai malati oncologici, a chi deve fare la dialisi ogni giorno, alle malattie neurologiche gravi. Da due anni i riflettori sono accesi su un conteggio puramente ed esclusivamente Covid. Ora, di fronte a una pandemia che ha bloccato il mondo, è naturale che l’attenzione sia massima, ma a volte mi chiedo come si possa sentire una persona che sta affrontando una malattia grave, magari anche la fine della sua vita, a vedere tutti gli sforzi concentrati solo sul Covid. La cosa più grave è che, dopo due anni, il nostro sistema sanitario è ancora in crisi: i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari sono di nuovo sfiniti, e le tantissime persone che non hanno il Covid ma necessitano di cure all’altezza delle loro patologie risentono di questo sfacelo. Conosciamo i meravigliosi piani di investimento per il futuro e per la medicina del territorio. In due anni però non si è fatto nulla di particolarmente tangibile che abbia migliorato il sistema sanitario. Abbiamo spesso inneggiato al meraviglioso modello sanitario italiano che cura tutti. Ma come? La medicina del territorio è ancora un sogno. In alcune regioni va un po’ meglio, ma in altre manca completamente, o è persino peggiorata. I pronto soccorso non si dovrebbero intasare, ma come si fa se l’assistenza intermedia è fatta solo di ricette mediche o diagnosi telefoniche? Servirebbero diagnostica per immagini e cure a domicilio, servirebbe dedizione, anche psicologica. Tutte cose per le quali ricorriamo spesso, se ce lo possiamo permettere, ai privati, pagando; non in modo molto diverso dagli Stati Uniti.
Poi, resta ancora impossibile stare accanto ai nostri parenti ricoverati non di Covid, nonostante gli ospedali non riescano spesso ad assisterli degnamente, per un evidente sottodimensionamento del personale. Anche questo ha da finire. Non stiamo andando avanti, anzi. La nostra sanità sta diventando la panacea del privato, e ai morti di Covid sommerei i morti causa sistema sanitario deficitario.
Giusto spingere i No Vax a vaccinarsi, affinché evitino di intasare gli ospedali (anzi, ai No Vax ricorderei che c’è chi per sopravvivere si inietta ben di peggio dei vaccini). Proporrei però anche alla politica di abbassare le tasse, così ci facciamo l’assicurazione sanitaria come in America. Forse conviene.