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Da Renzi a Bassetti: per loro i contagi sono come polvere sotto il tappeto

12 Gennaio 2022

La saggezza popolare insegna che non bisogna mai nascondere la polvere sotto il tappeto, perché prima o poi la polvere esce e in un attimo insudicia tutta la casa. Tra le nostre classi dirigenti, però, i figli del popolo sono pochi e i saggi ancora meno, così da ieri si discute seriamente l’idea di abolire la comunicazione giornaliera del numero di contagi Covid da parte di Stato e Regioni.

Sabato 8 gennaio, Matteo Renzi ha avanzato per primo la proposta. Nella sua e-news il leader di Italia Viva ha scritto che è necessario dire “basta al catastrofismo e al bollettino algido e cinico (dei positivi, ndr)” e pure “stop all’isteria”, aggiungendo che va invece reso pubblico “solo il numero delle persone in terapia intensiva, unico indicatore veramente importante per la tenuta del sistema”. Anche Matteo Bassetti, primario infettivologo dell’ospedale San Martino di Genova, ha posizioni in apparenza simili. Per lui “bisogna finirla con il report seriale che non dice nulla e non serve a nulla se non a mettere ansia alle persone”, ma per la verità non invoca censure e chiede invece bollettini in cui si specifichi se i positivi “sono sintomatici o asintomatici, se sono ricoverati e se stanno a casa”.

Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, che di recente ha avuto i suoi cinque minuti di celebrità quando in tv ha dimostrato di non sapere cosa stabilisse parte del nuovo decreto sul Covid, auspica invece una via intermedia: un report che si “soffermi essenzialmente sui dati delle ospedalizzazioni e dell’occupazione delle terapie intensive”. Linea sposata pure da un membro del Comitato tecnico-scientifico, l’infettivologo Donato Greco, che vorrebbe però solo relazioni settimanali.

Il ragionamento che seguono un po’ tutti è chiaro: la variante Omicron è super infettiva. L’Oms calcola che da qui a due mesi il 50 per cento della popolazione europea sarà contagiata. In futuro la malattia diventerà forse endemica. Ma visto che Omicron è in apparenza molto meno letale di Delta, inutile aggiungere altra ansia allo stato già ansioso dei cittadini. Perché, e questo è senza dubbio corretto, positivo non significa malato.

Il problema però è che la verità, come la polvere, prima o poi salta fuori. Tutti noi abbiamo perfettamente imparato che gli esperti sono in grado di stimare con un margine di errore non troppo grande quante persone tra due settimane finiranno in ospedale se oggi i contagiati sono centomila. Sapere come stanno le cose è insomma utile per capire cosa ci aspetta, per valutare se le contromisure prese da chi ci governa hanno un senso oppure no e per comprendere come mai, ad esempio, il nostro comune ha annullato centinaia di corse dei mezzi pubblici. Perché se i contagi sono tanti, saranno pure tanti gli autisti positivi in isolamento a casa e un cittadino che aspetta l’autobus sarà un po’ più accondiscendente con l’assessore in caso di improvviso disservizio.

È vero che i numeri che ci devono preoccupare sono quelli sul tasso di occupazione degli ospedali: ma la percentuale di letti occupati (ieri il 26 per cento) dice poco se non si chiarisce anche quanti posti sono stati recuperati convertendo reparti di altre specialità. Perché poi, a essere giustamente ansiosi e pure su di giri, saranno i malati non Covid che, senza spiegazioni, si vedranno cancellare o ritardare ricoveri e interventi.

Nascondere la realtà, insomma, non conviene. E questo le classi dirigenti dovrebbero capirlo. Perché se invece di spiegare si occulta e si nasconde la realtà riemerge poi di botto e ti travolge.

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