“Noi i nostri li cacciamo, i partiti i loro li coprono”. Ogni volta che Davigo ricorda l’impunità di gregge della politica, opposta al maggior rigore dei magistrati, le vergini violate del garantismo all’italiana insorgono come un sol uomo. Salvo poi fare di tutto per dargli ragione. Era accaduto un mese fa col doppio salvataggio di Renzi (Open) e Giggino ’a Purpetta (camorra) nella giunta del Senato. È riaccaduto giovedì alla Camera col salvataggio quasi unanime di Cosimo Ferri (contrari solo i 5Stelle e gli ex). Ferri è un magistrato in aspettativa, già leader di Magistratura Indipendente e presidente dell’Anm, prestato alla politica (che per fortuna non l’ha più restituito): sottosegretario tecnico alla Giustizia in quota FI nel governo Letta jr. e in quota Alfano-Verdini nei governi Renzi e Gentiloni, deputato Pd dal 2018 e poi Iv, è un presenzialista degli scandali: il suo nome saltò fuori, senza conseguenze penali per lui, in Calciopoli, nella P3 e nei traffici di B. con l’Agcom per cacciare Santoro. Poi fu beccato a far campagna elettorale, da via Arenula, per due amici alle elezioni del Csm. Si scoprì che nel 2013 aveva accompagnato il giudice Amedeo Franco a casa di B. per rinnegare la condanna definitiva, peraltro firmata anche da lui e in veste di relatore. Nel 2019 i pm di Perugia che indagavano su Luca Palamara per corruzione lo sorpresero all’hotel Champagne di Roma col magistrato inquisito, con Luca Lotti e con 5 membri del Csm, in una cena per decidere i nuovi procuratori di Roma (dov’era imputato Lotti) e Firenze (dove l’Innominabile aveva già mezza famiglia nei guai).
Sapete che fine han fatto i commensali del Champagne? Palamara è stato radiato dalla magistratura e i 5 consiglieri del Csm han dovuto dimettersi. Invece Lotti resta deputato del Pd (“autosospeso”, qualunque cosa significhi, dal 2019) e Ferri di Iv. Siccome Ferri resta magistrato, il Csm ha aperto un procedimento disciplinare in base alle intercettazioni indirette della famosa cena (il bersaglio del trojan era Palamara). Ma siccome è pure un politico, la casta gli ha eretto un impenetrabile muro protettivo: tutti i partiti di destra, centro e sinistra (eccetto il M5S) hanno negato al Csm l’autorizzazione a usare le captazioni in base alla privacy (come se si parlasse di malattie, e non di Procure) e – udite udite – al fumus persecutionis. Invano il grillino Saitta ha provato a far notare ai colleghi che è difficile perseguitare Ferri indagando Palamara: per non farsi perseguitare, bastava non andare a quella cena o fuggirne non appena fu chiaro che si stavano pilotando nomine di procuratori in barba alla separazione dei poteri. Ma è stato tutto inutile. La casta non si processa. Anzi la cosca.